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Garanzie per Kiev: l’offerta da 100 miliardi e il test per l’Europa

- di: Marta Giannoni
 
Garanzie per Kiev: l’offerta da 100 miliardi e il test per l’Europa
Garanzie per Kiev: l’offerta da 100 miliardi testa l’Europa
Kiev propone maxi acquisti di armi Usa finanziati dall’Europa e coproduzione di droni. Trump vuole un meccanismo “Nato-like”, Mosca dice no a truppe dell’Alleanza. Merz: incontro Putin-Zelensky in 1-2 settimane; Macron e Meloni premono per la tregua.

(Foto: Macron e Trump).

Cosa è successo

Nel vertice del 18 agosto 2025 alla Casa Bianca, a valle del bilaterale Trump-Zelensky e del multilaterale con i leader Ue, il presidente Usa ha telefonato a Putin annunciando l’avvio dei preparativi per un incontro diretto con Zelensky e un trilaterale successivo. La giornata ha fissato tre punti: garanzie di sicurezza per Kiev con coinvolgimento americano, pressione europea per il cessate il fuoco, primo via libera di Mosca a negoziati diretti.

L’offerta di Kiev spiegata bene

Secondo documenti rivelati, l’Ucraina ha messo sul tavolo un piano: 100 miliardi di dollari di acquisti di armi Usa, finanziati da Paesi europei, più un pacchetto da 50 miliardi per coproduzione di droni con aziende ucraine. L’obiettivo: blindare le garanzie con interessi industriali condivisi e rendere politicamente appetibile l’accordo a Washington. Nel piano compaiono sistemi Patriot e il rifiuto di concessioni territoriali.

Le “garanzie Nato-like”

Trump ha più volte escluso l’adesione formale dell’Ucraina alla Nato, ma ha aperto a garanzie congiunte Usa-Europa: una cornice coordinata da Washington in cui europei mettono fondi e sistemi, e gli Usa forniscono ombrello politico, intelligence, training e deterrenza. È l’architettura che emerge tra dichiarazioni pubbliche e readout: garanzie sì, art. 5 no.

Mosca, la linea rossa

Il ministero degli Esteri russo ribadisce che qualsiasi presenza Nato in Ucraina è “inaccettabile”. È il cardine della posizione russa anche mentre il Cremlino parla di telefonata “costruttiva” e non esclude un bilaterale con Zelensky. Più alto il livello dei negoziati, più rigide le condizioni sul terreno.

Reazioni europee (e perché contano)

Merz accoglie con favore l’idea di garanzie e fissa il timer: 1-2 settimane per il faccia a faccia; Macron chiede una tregua come prerequisito politico e un follow-up a quattro con l’Europa; Meloni assicura che l’Italia c’è e sostiene gli sforzi “verso la pace”; von der Leyen porta al centro i bambini deportati, tema che lega giustizia e negoziato; Starmer parla di passo storico, Stubb di progressi superiori agli ultimi anni; Rutte saluta come “grande passo” l’ingresso Usa nel perimetro delle garanzie. Insieme, queste posizioni spostano il baricentro: garanzie non come gentile concessione Usa, ma come compito condiviso.

Clima, battute, simboli

La regia del giorno ha contato quasi quanto i contenuti: Zelensky entra nello Studio Ovale, ringrazia a raffica e consegna la lettera della moglie Olena; Trump scherza, elogia Meloni come “grande leader, d’ispirazione”, quindi prende il telefono e parla con Putin. Un microfono capta una sua frase confidenziale a Macron su un “accordo per me”. Nel mezzo, lo spostamento non previsto dalla East Room allo Studio Ovale per un formato ristretto. Dietro le quinte, Pentagono e staff europei modellano bozze di security framework.

Cosa succede adesso

Se il bilaterale Putin-Zelensky andrà in porto, il tavolo si aprirà su tre capitoli:

  1. Garanzie: mandatari, tempi, trigger d’intervento, catena di comando;
  2. Tregua: cessate il fuoco monitorato (posizione Ue) vs negoziato in corso d’opera (linea Trump);
  3. Ricostruzione e industria: coproduzione droni e supply chain difensiva Ucraina-Usa-Ue.

In sottofondo, la disputa su sanzioni e asset russi congelati.

Il punto politico

Per Trump è l’occasione di una pace “a firma americana” senza allargare la Nato; per Kiev la via per uscire dalla guerra con tutela credibile; per l’Europa il test di passare dalle dichiarazioni ai fondi, inserendo tregua e civili nei vincoli dell’accordo. Se salta la tregua, salta l’unità occidentale; se saltano i soldi europei, salta l’ombrello. E Mosca vigila perché nessuna soluzione assomigli troppo alla Nato. 

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