Le arene di Città del Messico si preparano a un’era nuova. Senza sangue, senza spade, senza la tensione estrema dell’ultimo colpo. Il Congresso della capitale ha votato una riforma storica: la corrida potrà continuare, ma i tori non verranno più feriti né uccisi. Stop ai banderilleros, vietate le spade, vietato tutto ciò che possa infliggere sofferenza. Rimarranno solo il torero, il mantello e l’arte della schivata.
Messico, l’arena senza sangue: la corrida cambia volto tra applausi e proteste
Le reazioni sono state immediate e opposte. Gli animalisti esultano, il mondo della tauromachia insorge. "È la fine di una tradizione secolare", tuonano i puristi. "È solo l’inizio: ora vogliamo lo stop definitivo", replicano gli attivisti.
Un compromesso che non piace a nessuno
La Plaza México, la più grande arena del mondo con i suoi 42.000 posti, si trova ora al centro di una battaglia tra passato e futuro. L’obiettivo della riforma era evitare uno stop totale, salvaguardando l’industria che ruota attorno agli eventi. I venditori ambulanti, i ristoratori, i lavoratori del settore tirano un sospiro di sollievo. Ma per i toreri è una rivoluzione difficile da accettare.
"Non sarà più lo stesso, ma mi adeguerò", ammette Manuel Ocaña, detto El Sombrerero, tra i più noti toreri messicani. Ma molti suoi colleghi hanno già annunciato ricorsi e boicottaggi.
Il dibattito si allarga oltre i confini messicani. In Spagna, dove la corrida è ancora un simbolo radicato, la riforma messicana è vista con sospetto. Nel frattempo, la Colombia ha già detto addio alla tauromachia, mentre la Catalogna ci aveva provato nel 2010, prima che la Corte Costituzionale spagnola ribaltasse la decisione.
Il futuro: stop definitivo o nuovo spettacolo?
L'amministrazione di Città del Messico ha sette mesi per stabilire le nuove regole nel dettaglio. Come saranno accolte dal pubblico? Senza il pathos della lotta all’ultimo respiro, la corrida riuscirà ancora a riempire gli spalti? O sarà solo il primo passo verso l’addio definitivo?
Per Yael Ruiz, influencer e attivista per i diritti degli animali, non ci sono dubbi: "Questa è solo una tappa. Il nostro obiettivo finale è la cancellazione totale delle corride, in tutto il Messico".
Non è solo una battaglia legale, ma culturale. L’idea che la corrida possa esistere senza morte e sofferenza è un’illusione per molti difensori degli animali. “Un toro non nasce per divertire, non è uno strumento di spettacolo”, sottolinea Ruiz. “Non vogliamo arene senza sangue. Vogliamo arene vuote”.
Dai social alle piazze, il movimento animalista non si ferma. Le immagini dei tori feriti e uccisi hanno fatto il giro del mondo, suscitando indignazione anche in Messico, un paese che ha sempre avuto un legame profondo con la tauromachia. Ma ora, con una società sempre più sensibile al benessere animale, il vento sta cambiando.
Se in passato l’abolizione delle corride sembrava un’utopia, oggi sembra solo questione di tempo. Per i toreri è un incubo, per gli attivisti è una speranza. E mentre l’arena di Città del Messico prova a reinventarsi, una domanda si fa strada: quanto durerà questa transizione prima che il sipario cali definitivamente?