Il dibattito europeo sulla transizione automobilistica si riaccende. Il leader della CDU Friedrich Merz è arrivato a Bruxelles per rilanciare la proposta di rinviare al 2040 lo stop alla produzione di motori endotermici, previsto oggi per il 2035. Una mossa che riporta al centro la tensione tra ambizioni climatiche e sostenibilità economica, in un momento di forte rallentamento per l’industria automobilistica europea.
Merz a Bruxelles spinge per rinviare lo stop ai motori endotermici: il nodo politico divide l’Europa
Il confronto, che si intreccia con le dinamiche politiche interne dell’Unione, mette a nudo una frattura tra Partito Popolare Europeo (Ppe) e socialisti, mentre la Commissione di Ursula von der Leyen cerca un equilibrio tra obiettivi ambientali e realtà produttiva.
Bruxelles tra politica e industria
“A Bruxelles bisogna superare le resistenze dei socialisti, mentre i popolari sono favorevoli,” avrebbe detto Merz, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera. La questione non è solo tecnica ma fortemente politica: spostare la scadenza significherebbe ricalibrare uno dei pilastri del Green Deal europeo, con inevitabili ricadute sul mercato del lavoro, sugli investimenti e sui bilanci industriali.
Il commissario europeo al Clima, Wopke Hoekstra, ha chiarito nei giorni scorsi davanti al Parlamento europeo che la Commissione “non ha alcuna intenzione di rivedere l’obiettivo del 2035”, ricordando come “le emissioni del settore dei trasporti siano ancora superiori ai livelli di trent’anni fa”. Tuttavia, lo stesso Hoekstra ha lasciato aperto uno spiraglio, parlando della possibilità di “adattamenti alle modalità e al percorso” per raggiungere il traguardo.
Le ragioni economiche dietro il rinvio
Per Merz e per una parte crescente della politica tedesca, il rinvio rappresenterebbe un atto di realismo economico. Le case automobilistiche, pur avendo investito massicciamente nell’elettrico, si trovano a fare i conti con costi elevati, domanda incerta e concorrenza asiatica, soprattutto cinese.
Molte aziende denunciano un calo degli utili e un eccesso di capacità produttiva: la transizione, senza un quadro normativo stabile e tempi realistici, rischia di mettere a rischio migliaia di posti di lavoro e di spingere parte della filiera verso la delocalizzazione.
Il rinvio al 2040 darebbe tempo per consolidare le infrastrutture di ricarica, ridurre i costi delle batterie e favorire la riconversione industriale, salvaguardando allo stesso tempo la competitività europea. Ma per i sostenitori del piano originario, rappresenterebbe un pericoloso passo indietro nella lotta al cambiamento climatico.
Von der Leyen tra equilibrio politico e pressioni interne
La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, si trova in una posizione delicata. Esponente del Ppe e come Merz membro della CDU, è chiamata a gestire un compromesso complesso: non può permettersi di far passare una revisione del 2035 con i soli voti del centrodestra e delle destre, poiché ciò romperebbe la fragile “maggioranza Ursula”, formata da popolari, socialisti, liberali e verdi.
Il gabinetto della presidente avrà l’ultima parola, ma ogni scelta rischia di avere ripercussioni economiche e politiche profonde. Da un lato, un rallentamento della transizione potrebbe allentare la pressione sui produttori e sul mercato del lavoro; dall’altro, indebolirebbe la credibilità dell’Unione come leader mondiale nella decarbonizzazione.
Industria e mercato in bilico
Dietro le schermaglie politiche, il cuore della questione resta economico. L’industria automobilistica europea, che rappresenta circa il 7% del Pil dell’Unione e oltre 13 milioni di posti di lavoro diretti e indiretti, è chiamata a una trasformazione senza precedenti.
Il mercato dell’elettrico cresce, ma a ritmi più lenti del previsto, complice l’aumento dei tassi, la riduzione degli incentivi e il costo elevato dei veicoli. In questo scenario, le parole di Merz trovano ascolto tra i grandi gruppi industriali tedeschi e italiani, che chiedono un approccio più pragmatico alla transizione.
Un bivio strategico per l’Europa
Il dibattito sul 2035 non riguarda solo le emissioni, ma il modello economico europeo dei prossimi decenni. Bruxelles dovrà decidere se mantenere la rotta verso la neutralità climatica a ogni costo o se adattare il percorso per evitare un impatto sociale troppo pesante.
Il presidente Trump, dal canto suo, ha più volte sollecitato un approccio “meno ideologico” in materia ambientale, sottolineando la necessità di proteggere l’occupazione e la competitività industriale. Tra idealismo ecologico e pragmatismo economico, l’Europa si trova davanti a un bivio che definirà la sua identità: laboratorio verde globale o potenza industriale in cerca di equilibrio.