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Auto europee in ripresa, per Stellantis una salita difficile

- di: Marta Giannoni
 
Auto europee in ripresa, per Stellantis una salita difficile
Auto europee in ripresa, per Stellantis una salita difficile
Il mercato UE-Regno Unito-Efta cresce del 4,9% a ottobre e dell’1,9% nei primi dieci mesi del 2025. L’elettrico accelera, benzina e diesel arretrano. Stellantis migliora nel mese ma da inizio anno perde terreno e deve fare i conti con rivali agguerriti e nuovi sfidanti cinesi.

Un rimbalzo che non basta a festeggiare

Dopo mesi di incertezza, il mercato europeo dell’auto torna a prendere fiato. Nell’area composta da Unione europea, Regno Unito e Paesi Efta a ottobre sono state immatricolate circa 1.091.900 vetture nuove, pari a un +4,9% rispetto allo stesso mese del 2024. Se si guarda ai primi dieci mesi del 2025, le targhe complessive arrivano a 11,02 milioni, con una crescita che si aggira sull’1,9% anno su anno.

In altri tempi sarebbe stato un risultato da brindisi. Oggi, invece, il bicchiere resta a metà: i volumi rimangono sotto i livelli pre-Covid e la domanda è frenata da tassi d’interesse ancora elevati, inflazione assorbita solo in parte e grande incertezza sul valore futuro dei modelli a motore tradizionale. In molti mercati le famiglie rinviano l’acquisto o scendono di segmento, mentre si consolida la tendenza al noleggio a lungo termine.

Nei principali Paesi si vede una fotografia a macchie di leopardo. Alcuni grandi mercati del Nord Europa chiudono ottobre in aumento grazie ai nuovi modelli elettrici e ibridi, mentre il Sud del continente, Italia compresa, mostra performance più deboli, con immatricolazioni solo in leggero progresso o stagnanti. Anche per questo, pur con il segno più, nessuno nel settore parla di “boom”.

“Ottobre ci dà respiro, ma non autorizza trionfalismi: il mercato resta fragile e profondamente diverso da quello di qualche anno fa”, osserva un analista del settore automotive a Bruxelles, sottolineando come il nodo vero non siano più i chip o le catene di fornitura, ma la trasformazione del prodotto e del consumatore.

Elettrico in accelerazione, benzina e diesel arretrano

La vera novità del 2025 sta nella miscela tecnologica. I dati ufficiali diffusi a fine novembre indicano che le auto elettriche a batteria hanno raggiunto una quota di mercato intorno al 16,4% nei primi dieci mesi dell’anno, in netto aumento rispetto a circa il 13% di un anno prima. Le immatricolazioni di veicoli a batteria crescono in doppia cifra, accompagnate da una forte espansione delle ibride plug-in e da un aumento più graduale delle ibride tradizionali.

Se si sommano elettriche e ibride, ricaricabili e non, la motorizzazione elettrificata copre ormai più della metà delle nuove immatricolazioni. A pagarne il prezzo sono i combustibili fossili: benzina e diesel insieme scendono attorno a poco più di un terzo del mercato, contro quasi la metà registrata solo pochi anni fa. Il gasolio arretra in modo strutturale, mentre le vetture a benzina vedono la propria quota erosa proprio dalle versioni ibride, percepite come un compromesso più “tranquillo” da chi teme ancora limiti all’autonomia e infrastrutture insufficienti.

“Il ciclo delle auto solo benzina o solo diesel è entrato in una fase discendente che difficilmente verrà invertita”, commenta un esperto di powertrain con base a Francoforte, ricordando che nelle decisioni di acquisto pesa sempre di più l’aspettativa sulle restrizioni ambientali delle città e sul valore residuo del veicolo tra cinque o sette anni.

Il paradosso è che la domanda corre più veloce delle infrastrutture. Secondo gli ultimi dati disponibili, nell’Unione europea ci sono oggi poco più di 630.000 punti di ricarica pubblici, mentre per centrare gli obiettivi climatici al 2030 ne servirebbero diversi milioni. Le associazioni di categoria calcolano che occorrerebbe installare ogni anno un numero di colonnine fino a otto volte superiore rispetto al ritmo attuale, altrimenti il rischio è una transizione monca: molte elettriche vendute, ma una parte degli automobilisti frustrata da code e infrastrutture carenti.

Per Stellantis un ottobre positivo, ma il 2025 resta accidentato

Dentro questa fotografia c’è il caso Stellantis, gruppo che per storia e impianti tocca da vicino l’Italia ma gioca una partita globale. A ottobre, nell’Europa occidentale allargata (UE, Regno Unito e Paesi Efta), il costruttore ha immatricolato circa 157.350 vetture, con un incremento di circa +4,6% rispetto allo stesso mese del 2024. La quota di mercato sul mese si mantiene attorno al 14,4%, sostanzialmente stabile.

La musica cambia se si allunga l’orizzonte ai primi dieci mesi del 2025. In questo arco di tempo le immatricolazioni del gruppo si fermano a circa 1.621.800 unità, pari a un calo di poco inferiore al 5% su base annua. La quota di mercato scende intorno al 14,7%, contro il 15,7% dello stesso periodo del 2024. Detto altrimenti: ottobre porta un rimbalzo utile, ma il cammino europeo di Stellantis nel 2025 resta accidentato, con il gruppo che perde terreno in un mercato che nel complesso, pur lentamente, continua a crescere.

I conti trimestrali diffusi a fine ottobre parlano comunque di ricavi in aumento e margini ancora robusti grazie al contributo del Nord America, dove i modelli a maggiore valore aggiunto e i pick-up tengono alto il fatturato. In Europa, invece, la sfida si gioca nei segmenti più popolari: le nuove generazioni di utilitarie e crossover compatti lanciate nel 2025 – dalle citycar a marchio generalista alle crossover a marchio premium di ingresso – servono proprio a difendere volumi e redditività su terreni sempre più affollati.

“Ottobre ci dà un segnale incoraggiante, ma non possiamo illuderci: sui primi dieci mesi stiamo ancora cedendo qualche punto e dobbiamo ritrovare slancio in Europa”, ammette un manager del gruppo, che chiede di restare anonimo. Un modo diplomatico per riconoscere che il recupero di un singolo mese non basta a cambiare il giudizio sull’anno.

A complicare le cose contribuiscono almeno tre fattori: il raffreddamento dei mercati domestici (in particolare Francia e Italia), dove la domanda resta debole; la spinta dei concorrenti storici, dai grandi gruppi tedeschi ai costruttori coreani sempre più aggressivi sull’ibrido; e l’avanzata dei marchi cinesi, che entrano nei segmenti di volume con listini spesso più bassi a parità di dotazioni.

Nuovi sfidanti: i marchi cinesi e la frenata dei pionieri

Mentre i costruttori tradizionali aggiustano la rotta, il panorama competitivo europeo si riempie di nuovi loghi. Alcuni marchi cinesi hanno registrato negli ultimi mesi incrementi a tripla cifra delle immatricolazioni nell’area UE-Regno Unito-Efta, guadagnando punti di quota nel giro di pochi trimestri. L’offerta di modelli elettrici e ibridi di fascia media e medio-bassa, con prezzi aggressivi e dotazioni elettroniche avanzate, rende questi player particolarmente temibili.

In parallelo, alcuni pionieri dell’elettrico puro rallentano. Le statistiche più recenti mostrano per alcuni brand storici dell’EV vendite europee in calo, con quote che arretrano rispetto a un 2023 di forte espansione. Una parte del problema è legata alla concorrenza diretta dei nuovi modelli cinesi, un’altra al fatto che molti Paesi hanno rimodulato o ridotto gli incentivi, rendendo meno immediato l’acquisto di vetture di fascia medio-alta.

“La narrazione secondo cui l’elettrico sarebbe un affare di pochi marchi è finita: ormai la gara è aperta, e chi non ha una gamma completa e competitiva rischia di essere tagliato fuori”, osserva un consulente specializzato nel settore automotive che segue diversi costruttori europei.

Per Stellantis, come per gli altri gruppi storici, questo significa dover presidiare contemporaneamente l’alto di gamma, dove la redditività resta più elevata, e i segmenti popolari, dove si gioca la battaglia dei volumi, il tutto mentre bisogna investire enormi risorse in software, piattaforme modulari e batterie di nuova generazione.

Dazi, colonnine e politica: le incognite sul 2030

In superficie, il +4,9% di ottobre sembra la prova che il mercato europeo dell’auto stia ritrovando la strada. Ma appena si alza lo sguardo, il quadro si fa più incerto. Sullo sfondo pesano gli scontri commerciali con gli Stati Uniti e con la Cina, con dazi incrociati che possono cambiare rapidamente la redditività di intere linee di prodotto. Alcuni accordi recenti hanno evitato i balzelli più pesanti, ma il clima resta instabile.

C’è poi il nodo infrastrutture. Le stime più aggiornate indicano che, per arrivare agli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati per il 2030, l’Unione europea dovrebbe installare ogni anno oltre un milione di nuovi punti di ricarica, contro qualche centinaio di migliaia attuali. Se il divario non verrà colmato, gli automobilisti potrebbero percepire l’elettrico come una scelta “a metà”, adatta solo a chi può contare su ricarica privata o aziendale.

Infine, c’è il fattore politico. Le scadenze elettorali e i cambi di governo in Europa e negli Stati Uniti possono spostare in pochi mesi il baricentro delle politiche industriali, degli incentivi e delle regole sulle emissioni. Per i costruttori, che ragionano su cicli di investimento lunghi e piattaforme da ammortizzare in anni, è un elemento di rischio enorme.

Cosa significa davvero il +4,9% per chi compra e per chi produce

Alla fine, il numero che ha aperto questo racconto – quel +4,9% di immatricolazioni nell’area UE-Regno Unito-Efta e l’1,9% di crescita nei primi dieci mesi – va letto con prudenza. Per chi compra, significa trovarsi davanti a un’offerta più ampia di modelli elettrici e ibridi, con prezzi che iniziano a essere più competitivi rispetto al passato. Ma significa anche dover fare i conti con un quadro normativo in evoluzione e con un’infrastruttura che, in molti territori, è ancora indietro.

Per chi produce, quei numeri indicano che la domanda non è crollata, ma neppure esplode. Il margine di manovra si gioca quindi sulla capacità di rendere profittevole l’elettrico, riducendo i costi di produzione, e di gestire il tramonto di benzina e diesel senza perdere competenze e posti di lavoro lungo la filiera.

Per Stellantis, in particolare, il messaggio è duplice: ottobre dimostra che il gruppo può agganciare la fase di crescita del mercato, ma il bilancio dei primi dieci mesi del 2025 mostra che c’è ancora strada da fare per recuperare quota in Europa. In un contesto in cui nuovi concorrenti bussano alla porta e i grandi mercati extraeuropei attraggono investimenti con piani di sostegno generosi, la sfida è mantenere un’anima industriale forte nel continente senza perdere la dimensione globale.

Se il 2024 era stato l’anno della grande attesa sulla transizione, il 2025 sarà ricordato come l’anno in cui il mercato ha iniziato davvero a cambiare pelle. Ottobre lo conferma: la curva dell’elettrico sale, quella dei motori tradizionali scende. Il resto dipenderà da quanto rapidamente politica, infrastrutture e strategie aziendali sapranno tenere il passo.

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