“Abbiamo detto basta alle disastrose politiche assistenzialiste che avevamo ereditato e abbiamo risposto con infrastrutture, lavoro e merito”. Con queste parole la premier Giorgia Meloni ha aperto, attraverso un messaggio inviato al convegno internazionale “Le sfide del futuro nel Sud, in Italia e in Europa” promosso dal Movimento Cristiano Lavoratori a Bari, il dibattito sul futuro del Mezzogiorno.
Meloni: “Stop all’assistenzialismo, il Sud riparte con infrastrutture, lavoro e merito”
La presidente del Consiglio ha rivendicato il cambio di passo rispetto al passato, puntando su strumenti innovativi e misure capaci di generare occupazione e crescita strutturale, lasciandosi alle spalle la logica degli aiuti a pioggia.
ZES Unica, motore degli investimenti
Meloni ha ricordato in particolare il ruolo della ZES Unica, la Zona Economica Speciale che abbraccia tutte le Regioni meridionali, indicandola come esempio di politica di sviluppo di lungo periodo.
Secondo uno studio di The European House – Ambrosetti, più volte citato anche da Confindustria, gli investimenti generati nell’ambito della ZES hanno prodotto un giro d’affari complessivo di 26,9 miliardi di euro, grazie a un moltiplicatore pari a 2,6: per ogni euro investito, se ne sono attivati 1,6 addizionali nell’economia.
“È una misura che, se ci saranno i margini di bilancio, lavoreremo per potenziare ulteriormente”, ha assicurato la premier, rimarcando la volontà di far leva sulle agevolazioni fiscali e amministrative per attrarre capitali e rafforzare le filiere produttive.
Accordi di coesione: dal passato ai progetti concreti
Altro pilastro della strategia è il decreto Sud e Coesione, con cui il governo ha riorganizzato il Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC), destinandone l’80% alle Regioni del Mezzogiorno, e introdotto un nuovo strumento operativo: gli Accordi di coesione.
Questi accordi, negoziati e firmati con le singole Regioni e le Province autonome, finanziano progetti strategici proposti dai territori e condivisi con l’esecutivo, ma prevedono anche meccanismi di definanziamento per le risorse non utilizzate e poteri sostitutivi per superare eventuali inadempienze.
“In un anno – ha ricordato Meloni – sono stati sottoscritti tutti gli Accordi di coesione, attivando oltre 45 miliardi di euro di investimenti. Siamo passati dai programmi vuoti del passato a interventi puntuali e strutturali per le imprese, le infrastrutture e i servizi per i cittadini”.
Coesione, riforma e settori strategici
La premier ha sottolineato anche l’approvazione della riforma delle politiche di coesione, che concentra le risorse provenienti dai fondi strutturali europei su settori cruciali come risorse idriche, gestione dei rifiuti, trasporti sostenibili ed energia, con l’obiettivo di accelerare i tempi di attuazione e migliorare il coordinamento fra politiche nazionali ed europee.
L’intento, secondo il governo, è trasformare i fondi per il Sud in leve di crescita reale e non in strumenti di spesa emergenziale, riducendo il divario infrastrutturale che frena la competitività dell’intero Paese.
Un Sud competitivo per l’Italia e per l’Europa
Il messaggio di Meloni è stato accolto come un segnale di continuità rispetto alle priorità più volte indicate dall’esecutivo: sviluppo infrastrutturale, attrazione di investimenti produttivi e crescita dell’occupazione.
Gli osservatori economici sottolineano che la sfida sarà tradurre le risorse già stanziate in cantieri e opere realizzate, superando i tradizionali ostacoli burocratici e garantendo tempi certi di esecuzione.
Il governo vede nel rilancio del Mezzogiorno un tassello strategico per aumentare il potenziale di crescita nazionale e rafforzare la posizione dell’Italia nei processi industriali ed energetici europei.
Un cambio di paradigma
“Il nostro obiettivo – ha concluso la premier – è far crescere il Sud scommettendo su lavoro, imprese e innovazione, e non sull’assistenzialismo”.
Il dibattito al convegno di Bari ha confermato che la strada intrapresa richiede continuità, monitoraggio costante e capacità di governance. Ma il governo rivendica di aver posto le fondamenta per un nuovo modello di sviluppo, che punti su infrastrutture e merito per trasformare il potenziale del Mezzogiorno in un motore di crescita per l’intero Paese.