Il Mediterraneo del 2024 sembra uscito da un romanzo climatico più che da un bollettino scientifico. Un mare che ribolle, che non trova tregua neppure d’inverno, e che manda segnali inequivocabili: quello che era il “nostro” clima, prevedibile e rassicurante, appartiene ormai al passato. A raccontarlo è uno studio ENEA, insieme con CNR e MedSharks, che certifica l’ovvio e insieme l’incredibile: siamo nell’anno più caldo degli ultimi quarant’anni, e questo mare semichiuso, da sempre culla di civiltà, diventa adesso un laboratorio anticipatore di ciò che altrove potrebbe avvenire domani.
Mediterraneo, il 2024 brucia ogni record: il mare che non si raffredda più
Il riscaldamento non arriva all’improvviso: è il frutto maturo di un processo cominciato nel 2022 e mai davvero interrotto. Mare e atmosfera hanno smesso di scambiarsi calore, e il Mediterraneo ha trattenuto energia come una batteria sovraccarica. Così, tra febbraio e agosto 2024, le temperature hanno toccato livelli da manuale dei tropici: oltre 15 °C nel bacino occidentale in pieno inverno, fino a sfiorare 29 °C a fine estate nell’area orientale. Un’anomalia, sì, ma sempre meno tale: il nuovo “normale” è già in cammino.
Correnti in corsa e vortici impazziti
Il riscaldamento non è soltanto un fatto termico. Lo studio rivela che le correnti accelerano, diventano più energiche, quasi nervose. Vortici mesoscalari — quelle spirali marine invisibili agli occhi, ma potentissime — rimescolano acqua calda su acqua calda, trasformando l’intero bacino in un meccanismo sempre più dinamico e dunque sempre più fragile.
È come se il mare avesse aumentato il ritmo del proprio respiro, senza però trovare aria fresca da inspirare.
L’allarme degli scienziati: un cambio strutturale
Gli esperti ENEA parlano senza esitazioni: non è un’oscillazione, è un cambio di regime. Il Mediterraneo sta riscrivendo se stesso. Lo strato superficiale dell’acqua è troppo caldo e troppo sottile, e non riesce più a trasferire energia verso il fondo: l’eccesso resta lì, in superficie, pronto a diventare detonatore di nuove ondate di calore.
Un mare così rischia di perdere la sua memoria fredda, quella che per secoli ha garantito stabilità climatica alle regioni costiere.
Ecosistemi sotto stress, pescatori in allarme, coste in bilico
Dietro i grafici ci sono volti e paesaggi reali: gli habitat marini che collassano, le specie sensibili che non sopravvivono alla febbre, i pesci termofili che avanzano dove un tempo il mare era più severo, i pescatori che vedono mutare la composizione delle catture.
E poi le nostre coste, che vivono di turismo e equilibrio ambientale: un mare troppo caldo non è solo un fastidio stagionale, ma un rischio strutturale.
Uno sguardo al futuro prossimo
E il 2025? Le prime proiezioni non confortano: la tendenza non sembra arrestarsi. Forse non toccheremo le vette del 2024, ma la traiettoria rimane la stessa. Come se il Mediterraneo avesse deciso, una volta per tutte, di rompere il patto con la sua storia climatica.