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Medio Oriente, l’Onu si spacca: Francia riconosce lo Stato di Palestina, Meloni e Trump a New York

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Medio Oriente, l’Onu si spacca: Francia riconosce lo Stato di Palestina, Meloni e Trump a New York

Si è aperta a New York una delle Assemblee generali delle Nazioni Unite più tese degli ultimi anni. Al centro del dibattito il conflitto israelo-palestinese e la questione del riconoscimento internazionale dello Stato di Palestina. La premier Giorgia Meloni è arrivata con una linea prudente: sostegno al diritto di Israele alla sicurezza, ma anche all’aspirazione dei palestinesi ad avere un proprio Stato. “L’Italia sostiene con forza questo sogno”, ha ribadito il ministro degli Esteri Antonio Tajani, chiedendo di interrompere “il ciclo di violenze che sta devastando la regione”.

Medio Oriente, Onu spaccata: Francia riconosce lo Stato di Palestina

La svolta è arrivata da Parigi. Emmanuel Macron, dopo mesi di cautela, ha annunciato che anche la Francia riconosce lo Stato di Palestina, seguendo la scelta già fatta da Spagna, Irlanda, Norvegia e Portogallo. Il presidente francese ha motivato la decisione con l’urgenza di “dare concretezza alla prospettiva dei due Stati”, giudicata dall’Eliseo l’unica via per fermare l’escalation. La mossa apre però una frattura profonda all’interno dell’Unione europea, con alcuni governi, tra cui quello italiano, che mantengono un approccio più graduale per non compromettere i rapporti con Israele e Washington.

La reazione americana
Durissima la risposta degli Stati Uniti. Donald Trump, presente a New York, ha definito il riconoscimento di uno Stato palestinese “un premio ai terroristi”. Il presidente americano ha accusato le cancellerie europee di “indebolire la sicurezza di Israele” e ha ribadito che sotto la sua amministrazione non ci sarà alcun sostegno a soluzioni imposte dall’esterno. Parole che hanno subito fatto eco a Gerusalemme, dove il governo Netanyahu ha giudicato la decisione francese “un atto che legittima Hamas”.

La proposta di Hamas
Nel frattempo, dal movimento islamista è arrivata una lettera rivolta allo stesso Trump: Hamas propone una tregua di 60 giorni in cambio della liberazione della metà degli ostaggi israeliani. Una mossa che appare più diplomatica che sostanziale, e che non sembra destinata a cambiare l’atteggiamento dell’amministrazione americana, orientata a considerare ogni concessione come un indebolimento della deterrenza di Israele.

L’Onu diviso

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha ribadito che “la soluzione dei due Stati rimane l’unica strada percorribile”, ma la sua voce appare isolata. La premier estone Kaja Kallas ha definito la situazione di Gaza “un fallimento dell’umanità”, richiamando tutti i membri a un’assunzione di responsabilità. La diplomazia, tuttavia, sembra arrancare, divisa tra chi invoca il riconoscimento politico e chi ritiene prioritario fermare i raid e garantire corridoi umanitari.

Gaza sotto assedio

Mentre l’Assemblea discute, sul terreno si registra una nuova escalation militare. Le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno intensificato i raid sulla Striscia. Secondo fonti locali almeno 37 persone hanno perso la vita nelle ultime ore. Due ospedali nella città di Gaza sono stati chiusi a causa dei bombardamenti e della mancanza di energia. Le organizzazioni umanitarie denunciano una situazione insostenibile, con migliaia di civili senza accesso a cure mediche di base.

Le implicazioni politiche ed economiche

La posizione dell’Italia si muove in equilibrio tra alleanze internazionali e sensibilità interne. La premier Meloni punta a mantenere un profilo di continuità con l’asse euro-atlantico, evitando rotture con Washington ma cercando di non ignorare le richieste di riconoscimento che arrivano dall’Europa. Sul piano economico, la crisi rischia di avere ricadute rilevanti: tensioni sui mercati energetici, aumento dei premi di rischio e impatto sul commercio internazionale, soprattutto per i Paesi mediterranei più esposti alle rotte del gas e al turismo.

Una frattura globale

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite riflette oggi un mondo diviso. La Francia rompe il fronte occidentale e riconosce lo Stato di Palestina, gli Stati Uniti rilanciano un sostegno incondizionato a Israele, l’Italia resta su una linea di equilibrio. Nel frattempo, a Gaza la guerra non si ferma. La distanza tra i palazzi della diplomazia e la realtà sul terreno resta abissale, e il rischio è che la frattura politica internazionale renda ancora più difficile fermare le violenze e aprire spiragli di pace.

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