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Lukashenko offre di ospitare i colloqui di pace in Bielorussia

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Lukashenko offre di ospitare i colloqui di pace in Bielorussia

Il vecchio giocatore di hockey si lancia in un'ultima carambola diplomatica. Aleksandr Lukashenko, l’eterno padrone della Bielorussia, si offre come anfitrione per un tavolo di pace sull’Ucraina, invitando i grandi della guerra: Donald Trump, Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. Una mossa più teatrale che sostanziale, annunciata nel corso di un’intervista con un blogger americano e subito accolta dal Cremlino con la consueta ambiguità strategica: Minsk sarebbe “il posto migliore” per i negoziati.

Lukashenko offre di ospitare i colloqui di pace in Bielorussia

Peccato che, mentre l'offerta viene diffusa, la notte in Ucraina è segnata dall’ennesimo attacco russo. Tre missili balistici, un missile antiaereo e sciami di droni hanno colpito obiettivi ucraini, confermando che, sul campo, il linguaggio parlato è ancora quello delle esplosioni. Un copione che si ripete, ormai da più di due anni: il Cremlino alterna aperture diplomatiche a una guerra di logoramento, un doppio binario che ha come unica costante il sangue versato.

Minsk: il ritorno di un fantasma
Minsk evoca il fantasma di una pace mai realizzata. Qui, nel 2014 e poi nel 2015, furono firmati gli accordi che avrebbero dovuto congelare la guerra del Donbass. Ma quelli erano anni diversi, in cui Mosca si accontentava di esercitare un’influenza indiretta su Kiev. Oggi, con una guerra in corso su larga scala, lo scenario è radicalmente cambiato: Putin non cerca più compromessi, ma una resa.

Lukashenko, da parte sua, gioca la carta dell’intermediario per restare rilevante. Il dittatore bielorusso, sempre più dipendente dal Cremlino, ha già concesso il suo territorio come base per l’invasione russa del 2022. Eppure, tra le pieghe del suo calcolo politico, c'è forse il tentativo di strappare un po' di autonomia da Mosca, mostrando di poter ancora mediare.

Trump e l’ombra del 2024
L’invito a Donald Trump è la vera provocazione. Se l’ex presidente USA dovesse tornare alla Casa Bianca, potrebbe cercare di smarcarsi dalla strategia bellicista di Joe Biden, aprendo a negoziati con Mosca. L'idea che Minsk possa diventare un palcoscenico per un nuovo accordo tra grandi potenze, escludendo l'Europa e marginalizzando Kiev, è una possibilità che a Mosca guardano con interesse.

Tuttavia, Trump è ancora un’incognita, e il Cremlino sa bene che fino a novembre sarà difficile costruire una strategia basata su un suo eventuale ritorno. Nel frattempo, la guerra continua. I missili cadono, le città ucraine tremano e le diplomazie si muovono nell’ombra, mentre il tempo scorre in attesa delle prossime mosse.

E come sempre, è la guerra a dettare il ritmo, non le parole.

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