Rapporto sulla libertà religiosa, in 61 paesi non si può professare il proprio credo. Meloni: "Non è libertà di Serie B"

- di: Barbara Bizzarri
 

Di tutte le libertà, quella religiosa è la più sottovalutata e, al contempo, fra le più importanti. La presentazione del Rapporto della Fondazione Pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, che si è svolta nell'ambasciata italiana presso la Santa Sede, è stata occasione per Giorgia Meloni di affermare che “la libertà religiosa non è un diritto di serie B, non è una libertà che viene dopo altre o che può essere addirittura dimenticata a beneficio di sedicenti nuove libertà o diritti". La premier, in un videomessaggio, ricorda le parole di Papa Francesco sul pericolo di "persecuzione educata travestita di cultura, modernità e progresso”, ribadendo che “è dovere di tutti difendere la libertà religiosa”. 

Rapporto sulla libertà religiosa, in 61 paesi non si può professare il proprio credo

"Papa Benedetto XVI - ha proseguito - ci ha ricordato che la libertà religiosa è un 'bene essenziale' appartenente al 'nucleo essenziale dei diritti dell'uomo, a quei diritti universali e naturali che la legge umana non può mai negare'. E che richiede il massimo impegno da parte di tutti, nessuno escluso. L'Italia può e deve dare l'esempio. L'Italia intende dare l'esempio, a livello europeo e a livello internazionale. Questa è una delle nostre tante missioni".

 

Il Rapporto analizza il periodo compreso tra gennaio 2021 e dicembre 2022 e non limita il proprio esame alle violazioni ai danni dei cristiani, e dei cattolici in particolare, ma rileva le dinamiche persecutorie e discriminatorie patite nell’ultimo biennio dai credenti di ogni religione. Tra le cause principali delle repressioni religiose, al primo posto appare il nazionalismo etno-religioso, seguito dall’integralismo islamico e dall’autoritarismo di certi governi.

Dai dati desunti dal Rapporto, si evince che, nel mondo, il diritto alla libertà religiosa non è pienamente rispettato in un Paese su tre e l'Africa è il continente più aggredito. La concentrazione dell'attività jihadista è particolarmente evidente nella regione del Sahel, intorno al lago Ciad, in Mozambico e in Somalia.  Cina e Corea del Nord si confermano i due Paesi asiatici con il peggior record di violazioni dei diritti umani, inclusa la libertà religiosa. Il Rapporto Acs presta attenzione anche all'India, dove i livelli di persecuzione sono in aumento. Gli episodi di conversioni religiose forzate, rapimenti e violenze sessuali, inclusa la schiavitù sessuale, non sono diminuiti nel biennio in esame, anzi, restano ignorate e non punite dalle forze dell'ordine e dalle autorità giudiziarie locali, così come accade in Pakistan, dove ragazze cristiane e indù vengono spesso rapite e sottoposte a matrimoni forzati.

La libertà di fede è dunque violata nel 31% delle nazioni, vale a dire in 61 su 196. Quasi 4,9 miliardi di persone, pari al 62% della popolazione mondiale, vivono in aree in cui la libertà religiosa è fortemente limitata: le minacce contro questo diritto si rivelano sempre più gravi. Alessandro Monteduro, direttore di Acs-Italia, sottolinea che "la persecuzione in odio alla fede è complessivamente peggiorata, e l'impunità dei persecutori è più diffusa".

Dei 61 Paesi dove inesistente è il pieno diritto di praticare la propria fede, sono 49 quelli in cui è il governo a perseguitare i propri cittadini per motivi religiosi, con scarsa reazione da parte della comunità internazionale. Nel planisfero del Rapporto, 28 Stati sono contrassegnati in rosso, per denotarli quali luoghi più pericolosi al mondo per praticare liberamente la propria religione. Altri 33 Stati, contrassegnati in arancione, indicano alti livelli di discriminazione. Dopo la pubblicazione del Rapporto precedente, la situazione è peggiorata in ben 47 Paesi, e soltanto nove fra essi hanno registrato un miglioramento della situazione.

"Le comunità religiose minoritarie si trovano in una situazione sempre più drammatica. In alcuni casi - continua Alessandro Monteduro - sono a rischio estinzione a causa di una combinazione di azioni terroristiche, attacchi al patrimonio culturale e misure più subdole come la proliferazione delle leggi anti-conversione, la manipolazione delle regole elettorali e le restrizioni finanziarie. Ci sono tuttavia anche casi di comunità religiose maggioritarie perseguitate, come in Nicaragua e Nigeria". 

307 milioni sono i Cristiani che vivono in terre di persecuzione: "L'impunità è diventata una costante in tutto il mondo e in 36 Paesi gli aggressori sono perseguiti raramente, o addirittura mai, per i loro crimini. A questo fenomeno dell'impunità contribuisce il silenzio della comunità internazionale nei confronti di regimi ritenuti strategicamente importanti per l'Occidente, come Cina e India". Questa la denuncia del Rapporto, che quest'anno ha inserito per la prima volta il Nicaragua tra i Paesi con i più alti livelli di violazioni.

Il Rapporto, inoltre, segnala “i crescenti limiti alla libertà di pensiero, coscienza e religione nei Paesi che appartengono all'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. L'Occidente è passato da un clima di 'persecuzione educata' a una diffusa ‘cultura dell'annullamento’”, e si citano i casi di Finlandia, Canada e Regno Unito. Nonostante ciò, il report conclude notando che “esistono anche alcuni fenomeni positivi, ad esempio, l'aumento delle iniziative di dialogo interreligioso”.

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