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Bankitalia: lo smart working apre lavoro per donne e Sud

- di: Matteo Borrelli
 
Bankitalia: lo smart working apre lavoro per donne e Sud
Uno studio Bankitalia mostra come il lavoro agile abbia trasformato sfida pandemica in leva strutturale per occupazione femminile e aree svantaggiate.

Un’insperata opportunità: smart working come strumento di coesione

Lo smart working, lungi dall’essere una semplice risposta emergenziale al Covid, ha dimostrato di diventare un vero motore strutturale per allargare il bacino occupazionale in Italia. Secondo un recente Occasional Paper della Banca d’Italia (luglio 2025), questa modalità ha avuto un impatto positivo sulla partecipazione al lavoro e sull’occupazione — ben più marcato in aree storicamente marginali come il Mezzogiorno e le zone meno popolate.

Donne, figli e aree fragili: l’effetto-smart working si vede

Il contributo più significativo? Le donne, soprattutto nella fascia 25-49 anni, hanno beneficiato maggiormente: il lavoro agile ha ridotto barriere in presenza di scarsità di servizi per l’infanzia, favorendo la conciliazione con responsabilità domestiche. Nelle regioni meridionali e periferiche, dove i servizi socio-assistenziali sono meno sviluppati, lo smart working ha fatto da volano concreto per chi rischiava l’esclusione dal mercato del lavoro.

I numeri che contano: +0,9% e +0,7% che fanno la differenza

I dati parlano chiaro: un aumento standardizzato del lavoro da remoto, rapportato al totale degli occupati locali, ha prodotto:

  • +0,9 punti percentuali nel tasso di partecipazione al mercato del lavoro
  • +0,7 punti percentuali in occupazione

Questi effetti si amplificano quando si tratta di donne in età di cura dei figli.

Inclusione territoriali: lo smart working diventa ponte

In un Paese dove il lavoro agile era quasi inesistente prima del Covid, il boom pandemico ha funzionato da shock positivo. Nel Nord urbano, dove era già più diffuso, lo smart working non ha significato più ingressi nel mercato; al contrario, nel Sud e nelle aree periferiche ha rappresentato una vera porta d’accesso, sopperendo a deficit infrastrutturali e sociali.

Commenti, contesto, prospettive

L’analisi degli economisti Riccardo Crescenzi, Davide Dottori e Davide Rigo della Banca d’Italia (luglio 2025) mette a fuoco la natura strutturale dell’innovazione indotta dallo smart working: non più emergenziale, ma trasformativa per un sistema che soffre di bassa natalità, invecchiamento e scarsa partecipazione al lavoro femminile.

Un dato di contesto storico da non trascurare: già all’inizio della pandemia, tra il 2019 e il 2020, lo smart working è passato da meno dell’1,5% a oltre il 14% dei lavoratori del settore non agricolo, con un aumento più marcato tra le donne. Gli smart worker hanno lavorato di più, guadagnato di più e subito meno shock lavorativi.

Molto più di una misura tampone

L’esperimento forzato del lavoro agile si è rivelato, con i dati attuali, molto più di una misura tampone: è diventato una strategia di inclusione sociale ed economica. Soffermarsi su cifre (come i +0,9 e +0,7) è legittimo, ma è fondamentale valorizzare la logica che le sta dietro: la flessibilità come strumento per superare disuguaglianze territoriali e di genere. In tal senso, lo smart working mette radici nel futuro del lavoro italiano, offrendo una chiave per affrontare crisi demografiche, welfare carente e sbilanciamento Nord-Sud.

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