Nonostante i progressi degli ultimi anni, in Italia le donne continuano a essere significativamente sotto-rappresentate nelle posizioni di potere in vari settori della società. Un recente rapporto di info.nodes e onData ha analizzato la presenza femminile in ambiti chiave come la politica, l’economia, i media e il mondo accademico, evidenziando uno squilibrio di genere ancora marcato e radicato.
Il potere in Italia resta saldamente in mano agli uomini: perché le donne faticano a emergere?
Dai dati emerge un’Italia in cui il potere è ancora declinato al maschile: gli uomini continuano a dominare i vertici delle istituzioni, delle grandi aziende e dei principali media. Anche quando le donne ottengono incarichi di rilievo, spesso si trovano a operare in ambienti ostili o caratterizzati da una cultura che le marginalizza. Il cosiddetto soffitto di cristallo – quella barriera invisibile che impedisce loro di raggiungere posizioni di vertice nonostante le competenze – è ancora una realtà difficile da abbattere.
Politica: una parità solo apparente
A livello nazionale, le donne occupano 200 dei 600 seggi parlamentari disponibili, un dato che potrebbe sembrare positivo ma che non si traduce in un’effettiva equità di potere. Nei ruoli chiave della politica italiana – come ministeri strategici, segreterie di partito e incarichi istituzionali di primo piano – la loro presenza è ancora residuale.
Attualmente, solo una regione su 20 è governata da una donna: Donatella Tesei in Umbria. Lo stesso vale per la diplomazia, dove le ambasciatrici rappresentano appena il 15,6% del totale, con 20 donne su 128 incarichi.
A livello locale, la situazione è altrettanto critica: l’84,7% dei comuni italiani è guidato da un sindaco uomo, mentre le sindache rappresentano appena il 15,3%. Le donne che riescono a imporsi nella politica locale spesso devono affrontare campagne elettorali più difficili, ostacoli interni ai loro stessi partiti e una visibilità minore rispetto ai colleghi uomini.
Ma perché in politica le donne faticano ancora a emergere? Una delle ragioni principali è la cultura politica italiana, storicamente maschile e fortemente legata a dinamiche di cooptazione che favoriscono la continuità del potere maschile. Inoltre, il sessismo esplicito o velato rimane una costante: basti pensare agli attacchi personali e sessisti subiti dalle donne in politica, spesso ridicolizzate per il loro aspetto fisico o la loro vita privata piuttosto che valutate per le competenze.
Economia: il soffitto di cristallo nei vertici aziendali
Nel mondo dell’economia, la disparità è ancora più evidente. Tra le prime 50 aziende per capitalizzazione quotate alla Borsa di Milano, solo due hanno una donna come amministratrice delegata. Questo significa che il mondo della finanza e delle grandi imprese è ancora largamente dominato dagli uomini.
Nelle società controllate o partecipate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, su 34 posizioni di amministratore delegato, ben 28 sono occupate da uomini. Un dato che mostra come anche nelle aziende pubbliche, dove teoricamente si potrebbero applicare politiche di parità più incisive, il divario di genere rimanga ampio.
Nonostante le donne abbiano un livello di istruzione mediamente più alto rispetto agli uomini – il 65,3% delle donne italiane è in possesso di un diploma contro il 60,1% degli uomini – la loro carriera incontra più ostacoli. Spesso si vedono escluse dalle posizioni di vertice a causa di stereotipi, di una minore presenza nei network decisionali e di una cultura aziendale che premia i modelli di leadership maschili.
Anche la maternità gioca un ruolo chiave nel rallentare le carriere femminili. In Italia, la conciliazione tra vita privata e professionale è ancora un problema enorme, con politiche di welfare poco favorevoli alle donne che lavorano. L’assenza di un sistema di congedi parentali più equo e la scarsa disponibilità di servizi per l’infanzia portano molte donne a scegliere tra carriera e famiglia, una scelta che raramente viene posta agli uomini.
Media: chi racconta il Paese?
Se il potere è ancora maschile, lo è anche il modo in cui viene raccontato. I dati mostrano che nel settore dell’informazione, su 27 quotidiani nazionali con una tiratura superiore alle 30.000 copie, l’81,5% dei direttori è uomo.
Solo cinque quotidiani sono diretti da donne e, in tre casi, la direttrice è la stessa persona: Agnese Pini, che guida Il Resto del Carlino, La Nazione e Il Giorno. Anche nei telegiornali nazionali la presenza femminile è ridotta: su dieci direttori, solo due sono donne.
La scarsa presenza femminile nei ruoli decisionali del giornalismo influisce anche sulla narrazione della società. Le notizie riguardanti le donne tendono spesso a essere marginalizzate, stereotipate o affrontate con un linguaggio sessista. La cronaca nera, per esempio, continua a raccontare i femminicidi con espressioni che minimizzano la violenza degli uomini o la giustificano con motivazioni sentimentali (“delitto passionale”, “raptus di gelosia”).
Anche nei talk show politici e nei programmi di approfondimento, gli uomini continuano a dominare il dibattito, con ospiti donne spesso relegate a ruoli secondari o a temi considerati “femminili”.
Mondo accademico: pochi rettori, molte barriere
L’università è uno dei pochi settori dove il numero di donne laureate supera quello degli uomini, ma questo non si traduce in una maggiore presenza femminile nei ruoli di vertice.
Su 84 atenei associati alla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI), solo 11 hanno una rettrice. Nei 12 enti di ricerca pubblici riconosciuti dal Ministero dell’Università e della Ricerca, 10 sono presieduti da uomini e solo due da donne.
Anche qui, la disparità è frutto di meccanismi strutturali che premiano gli uomini: dalla distribuzione dei fondi alla possibilità di accedere a incarichi di prestigio, il mondo accademico continua a essere dominato da logiche maschili.
Una strada ancora lunga
Questi dati evidenziano una realtà innegabile: in Italia, il potere è ancora in larga parte riservato agli uomini. Nonostante i progressi e le battaglie per la parità di genere, il soffitto di cristallo rimane solido.
Per superare questo squilibrio servono politiche più incisive: una maggiore rappresentanza femminile nelle istituzioni, nelle aziende e nei media; politiche di conciliazione lavoro-famiglia più efficaci; un cambiamento culturale che elimini gli stereotipi di genere e favorisca una leadership più inclusiva.
Fino ad allora, la presenza femminile nei luoghi del potere continuerà a essere un’eccezione piuttosto che la norma.