L’inflazione risale nell’Eurozona ma solo per un effetto “tecnico”. A novembre prezzi +2,3%

- di: Redazione
 
Tutto come previsto sull’inflazione nell’Eurozona: dalla stima “flash” di Eurostat risale al 2,3% a novembre 2024, rispetto al 2% di ottobre. Un dato atteso, effetto del confronto statistico con il valore dell’indice dello stesso mese e che, Come spiega bene l’Ufficio Studi di Confcommercio, evidenzia “l’assenza di apprezzabili impulsi inflazionistici è testimoniata dalla sequenza delle variazioni congiunturali negative o nulle negli ultimi tre mesi (da settembre: -0,2, 0,0 e 0,0)”.

L’inflazione risale nell’Eurozona ma solo per un effetto “tecnico”

Insomma, l’incremento è dovuto a questioni tecniche di statistica e non ha dietro di sé la presenza di impulsi inflazionistici. Tale dato, quindi, non dovrebbe influire sulla decisione della Bce di ridurre di nuovo i tassi di riferimento nella seduta prevista per il 12 dicembre. La questione, tuttavia, non è “se” la Banca centrale europea ridurrà i tassi, ma “di quanto”. I “falchi” sono schierati per non ridurre il costo del denaro, perché temono che l’inflazione torni ad alzarsi sulla spinta degli incrementi salariali, ma accetterebbero una riduzione di 0,25 punti percentuali, mentre le “colombe”, capitanate da Italia e Francia, spingono per un taglio di 0,5 punti, alla luce dell’andamento fiacco dell’economia europea e, quindi, della necessità di un suo rilancio.

Tornando ai dati Eurostat, inflazione in risalita anche in Italia a novembre (all’1,6% dall’1% di ottobre). Tra i venti membri dell’euro, valori più alti in Belgio (5%) e Croazia. Più bassi in Irlanda (0,5%), Lituania e Lussemburgo (1,1%), seguiti da Italia e Slovenia (1,6%). Tra le componenti principali, maggior contributo dai servizi (3,9%, dal 4% di ottobre), seguiti da cibo, alcol e tabacco (2,8%, dal 2,9%), beni industriali non energetici (0,7%, dallo 0,5%) ed energia (-1,9%, dal -4,6%).

Secondo Confcommercio, l’inflazione di fondo si conferma nel mese in lieve diminuzione in termini congiunturali ed entro il valore del 2% su base annua. “Le dinamiche italiane sono peraltro ampiamente in linea con quanto rilevato nei Paesi dell’eurozona tra i quali, da alcuni mesi, si sta consolidando una tendenza alla convergenza tra i tassi d’inflazione, fenomeno che potrebbe agevolare la presa di decisioni più nitide in termini di riduzione dei tassi d’interesse di riferimento”.
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