Groenlandia: l’albero della cuccagna dei magnati a stelle e strisce

 
Ci aveva visto lungo Donald Trump quando nel 2019 voleva comprarsi la Groenlandia dalla Danimarca, un po’ come quando noi acquistiamo il Parco della Vittoria al Monopoli. Poi però tra imprevisti e probabilità non se ne fece più nulla, anche se per dirla tutta l’allora Presidente Usa non s’inventò nulla di nuovo dal momento che già nel lontano 1946 Harry Truman fece la medesima proposta offrendo ben 100 milioni di dollari, che all’epoca erano davvero tanti soldi.

I magnati americani continuano a investire in Groenlandia

Insomma quest’isola, autonoma ma di fatto danese, fa da sempre gola agli americani. Che adesso riprovano a metterci le mani sopra, anche se di sguincio. Tre degli uomini più ricchi del mondo, guarda caso americani, hanno infatti deciso di finanziare la Kobold Metals, una società di esplorazione mineraria con sede in California, che secondo la Cnn ha stretto una partnership con Bluejay Mining per trovare proprio in Groenlandia una serie di metalli rari e preziosi. Ma due su tutti. La scommessa è che sotto la superficie delle colline e delle valli dell'isola di Disko e della penisola di Nuussuaq ci siano quantità di nichel e cobalto tali da consentire la transizione energetica verde.

Tant’è che al momento trenta tra geologi, geofisici, cuochi, piloti e meccanici sono accampati nel sito dove Kobold e Blujay stanno cercando il tesoro sepolto dai ghiacciai, che peraltro si stanno pure sciogliendo rendendo quindi la ricerca molto più facile. Un mercato, quello del cobalto e del nichel, che ad oggi è dominato dalla Cina. Ragion per cui gli Usa stanno cercando in tutti i modi di affrancarsi da una dipendenza giudicata evidentemente scomoda, se non addirittura fatale. Per l’economia, ma non solo. Del resto per i tre Paperon de’ Paperoni a stelle e strisce l’investimento è veramente roba di pochi spicci: 15 milioni di dollari in tutto per l’iniziale fase di ricerca. Che è praticamente quello che mette in tasca Amazon in manco mezz’ora. Uno dei finanziatori, infatti, è proprio Jeff Bezos. Mentre gli altri due sono Michael Bloomberg e Bill Gates.

I tre ovviamente si son fatti bene i conti, perché a fronte di un esborso di danaro alquanto esiguo, dal loro punto di vista s’intende, avrebbero un ritorno economico decisamente importante. I due metalli, infatti, sono fondamentali per costruire le batterie per le auto elettriche, e quindi favorire il processo di transizione ecologica. Ci troviamo così di fronte al paradosso per cui proprio grazie al cambiamento climatico si trovano le risorse naturali utili per tentare di arginarlo. Un po’ come se per dimagrire ci dicessero che dobbiamo ingurgitare chili di cioccolata perché è proprio lì che è nascosto l’ingrediente miracoloso per perder peso. Non solo: e ci pagano pure! Il sogno di tutti, no? E così più i ghiacciai si sciolgono e più facilmente si trovano i preziosi metalli che dovrebbero rendere più green il pianeta. Col piccolo dettaglio che scavando scavando i conti correnti dei soliti noti crescono a dismisura. Un albero della cuccagna, insomma. Che gli americani, come fecero i loro avi cercatori d’oro alla conquista del west, non si lasceranno di certo sfuggire. Per amor di Madre Terra, ovviamente.
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