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Il gas arriverà dal Qatar grazie a Eni, ma l'Italia non può dirsi tranquilla

- di: Redazione
 
Il gas arriverà dal Qatar grazie a Eni, ma l'Italia non può dirsi tranquilla
L'Italia, da oggi, con l'accordo che l'Eni ha siglato con il Qatar, anche se il cammino è lungo e irto di difficoltà, sembra essere avviata verso l'indipendenza energetica dalla Russia, dall'inaffidabile Orso dell'Est europeo.
Un passaggio che il Paese è obbligato a fare perché con le spalle al muro. Ma è anche un passaggio che è una presa d'atto che le politiche energetiche degli ultimi trenta-quaranta anni sono state, egualmente e con il massimo rispetto per chi le ha sostenute, esasperatamente ideologicizzate o politicamente sbagliate. Come quella di consegnarsi ad un solo soggetto fornitore, senza pensare che esso potesse entrare - come nel caso della Russia - in un loop politico anomalo tale da non rendere più praticabili i rapporti economici. L'Eni è infatti entrato in quello che, per dimensioni, è il più grande progetto al mondo di gas naturale liquefatto (Gnl), dopo che su di esso è caduta la scelta di QatarEnergy come nuovo partner internazionale per portare avanti e realizzare il progetto North Field East.

Eni ha annunciato un accordo con il Qatar

L'obiettivo è chiaro, come ha affermato l'ad di Eni, Claudio Descalzi (nella foto): "Questo accordo è una significativa pietra miliare per Eni e si inserisce nel nostro obiettivo di diversificazione verso fonti energetiche più pulite e affidabili, in linea con la nostra strategia di decarbonizzazione. Eni è pronta a lavorare con QatarEnergy su questo progetto per contribuire positivamente ad aumentare la sicurezza dell'approvvigionamento di gas a livello mondiale".

Quindi da un enorme progetto non ci si può che aspettare le migliori risposte alle domande energetiche che derivano dalla mutata situazione politica internazionale che, con l'aggressione russa all'Ucraina, ha ribaltato ogni prospettiva, rendendo Mosca un partner da escludere dal bouquet dei fornitori.
Ma, per quella che è solo una apparente coincidenza, i Paesi ad essere ''gratificati'' dall'essere produttori di gas e petrolio sono nella quali totalità governati da regimi autocratici o, peggio, dove la democrazia è contenuta solo nei testi ufficiali e negata a gran parte della popolazione.

E' forse impopolare dirlo, ma non si può negare che, nel momento in cui la Russia viene depennata, per sue colpe, dal novero dei Paesi fornitori, ci si deve rivolgere a Stati che, a detta non nostra, ma di molte organizzazioni per la difesa dei diritti, non brillano per rispettare i minimi requisiti di una democrazia o che sono nelle mani di oligarchie spesso caratterizzate da eredità familiari.
Il rischio che si corre, quindi, è di affrancarsi da una dipendenza per passare ad un altra che, a lungo andare, potrebbe provocare qualche imbarazzo. Perché se le ricchezze energetiche garantiscono ricche royalties e, quindi, elevati standard di vita, queste ultime sono limitate a chi detiene il potere, in un 'do ut des' particolare in cui chi sta al potere dice a chi sta sotto: io ti consento livelli di vita decorosi, ma non mi venire a parlare di democrazia.

Oggi ''corteggiamo'' il Qatar e ben venga l'azione portata avanti dall'Eni e dalla nostra rete diplomatica, guidata da Luigi Di Maio, ma dobbiamo guardare con realismo a cosa l'accordo comporta: chiudere gli occhi su quel che accade dentro i confini di uno Stato sovrano, che è nostro amico oggi e speriamo ancora per molto tempo. Ma forse qualcuno dovrebbe ricordare che i regnanti qatarini, da decenni, spandono investimenti miliardari nei Paesi arabi in difficoltà economiche usando questo strumento per promuovere la penetrazione della sua ''interpretazione'' più estremistica della sunna, affidando a decine e decine di predicatori, profumatamente foraggiati, di insediarsi, ad esempio, in Tunisia ed Egitto, per la loro aggressiva opera di proselitismo.

Tanto che il 17 giugno di cinque anni fa sette Paesi sunniti (Arabia Saudita, Bahrein, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Mauritania, Giordania e Yemen) accusarono apertamente il Qatar, rompendo con esso i rapporti diplomatici, di finanziare gruppi estremisti islamici armati di ispirazione salafita prima che jihadista, e, quindi, di flirtare con l'Iran sciita, quasi a rompere il fronte anti-Teheran. Quel che deve fare riflettere è che tra i sette Paesi c'erano Arabia Saudita, Bahrein ed Emirati Arabi Uniti, ovvero regni 'petroliferi' che preferirono rompere un fronte economico abbastanza compatto davanti alla presunta ambiguità qatarina sullo scacchiere religioso e politico.

Il Qatar, che resta un amico dell'Italia, è ''anche'' questo, nella mai risolta questione dell'aggressività di alcuni Paesi arabi nei confronti di Stati fratelli, sui quali imporre una leadership religiosa a suon di petrodollari.
L'Italia, davanti alla crisi russa, deve però correre ai ripari e non può certo fermarsi davanti a controversie para-diplomatiche, dovendo in un certo senso giocare d'anticipo (rispetto ad altri Paesi nelle nostre condizioni energetiche) e anche d'azzardo (perché l'amico di oggi potrebbe rivelarsi imbarazzante in futuro).

Quindi, massima attenzione nella ricerca di nuovi partner energetici, ben sapendo che basta un cambio di governo per rendere difficile il proseguimento della collaborazione economica. Forse per qualcuno quel che stiamo per dire suonerà stonato, ma ad oggi il solo Paese in grado di rifornire l'Italia di gas assolutamente ''democratico'' è Israele. Appena qualche giorno fa Israele ha siglato, alla presenza di Ursula von der Leyen, un accordo per rifornire l'Europa, in collaborazione con l'Egitto. Forse qualcuno, facendo leva sulla questione palestinese, solleverà dei dubbi sull'accordo, tacciando Israele di tutte le colpe possibili per come esercita la forza in zone che le appartengono nei fatti, ma che storicamente le solo aliene. Però, come si può dire?, questo c'è e di questo bisogna accontentarsi. Ricordando solo che Israele è la sola vera democrazia in Medio Oriente, a dispetto di altri Paesi in cui l'alternanza al potere è solo di facciata (cambiano i nomi, resta il regime) o condizionata da spartizioni che fanno a pugni con il rispetto degli altri, amici o avversari.
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