Le inchieste di Italia Informa / Flat tax, la grande illusione: chi vince davvero (e chi perde)
- di: Giuseppe Castellini

Semplificazione o privilegio? Dalle partite IVA ai pensionati d’oro, la tassa piatta spacca l’Italia tra promesse e diseguaglianze. Numeri, frodi e verità scomode.
Un’Italia a due velocità fiscali
Negli ultimi anni la flat tax è diventata uno dei temi più discussi nel panorama fiscale italiano. Introdotta con l’obiettivo di semplificare il sistema tributario e stimolare l’economia, questa imposta ad aliquota unica ha suscitato entusiasmi e critiche. Mentre alcuni la vedono come una panacea per la burocrazia fiscale, altri temono che possa accentuare le disuguaglianze e ridurre le entrate dello Stato.
________________________________________
Il regime forfettario: una flat tax per le partite IVA
Il regime forfettario rappresenta una delle applicazioni più concrete della flat tax in Italia. Introdotto nel 2015 e modificato nel corso degli anni, questo regime prevede un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali pari al 15%, ridotta al 5% per le nuove attività nei primi cinque anni.
Dal 2023, la soglia di ricavi per accedere al regime è stata innalzata a 85.000 euro, ampliando la platea dei beneficiari. Tuttavia, permangono alcune limitazioni: non possono accedervi coloro che hanno sostenuto spese per lavoro dipendente superiori a 20.000 euro o che esercitano attività prevalentemente nei confronti di datori di lavoro attuali o recenti.
Secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze, nel 2024 circa 2 milioni di contribuenti hanno aderito al regime forfettario, generando un gettito fiscale di circa 4 miliardi di euro. Tuttavia, alcuni economisti, come Massimo Baldini e Leonzio Rizzo, hanno sollevato dubbi sull’equità del regime, evidenziando come possa favorire i contribuenti con redditi più elevati rispetto a quelli con redditi più bassi.
________________________________________
La flat tax per i pensionati esteri: un incentivo al rientro
Un’altra applicazione della flat tax riguarda i pensionati residenti all’estero che decidono di trasferirsi in Italia. Dal 2019, è previsto un regime agevolato che consente di tassare al 7% tutti i redditi percepiti, a condizione che il pensionato trasferisca la residenza in un comune del Sud Italia con meno di 20.000 abitanti.
Questa misura, pensata per contrastare lo spopolamento delle aree interne e attrarre capitali dall’estero, ha avuto un successo moderato. Secondo l’Agenzia delle Entrate, nel 2023 circa 5.000 pensionati hanno aderito al regime. Tuttavia, alcuni osservatori hanno criticato l’efficacia della misura, sottolineando che l’impatto sull’economia locale è stato inferiore alle aspettative.
________________________________________
La flat tax per i nuovi residenti: attrarre i grandi patrimoni
Per attrarre individui ad alto reddito, l’Italia ha introdotto nel 2017 un regime di flat tax per i nuovi residenti. Questo prevede il pagamento di un’imposta forfettaria annuale di 100.000 euro sui redditi prodotti all’estero, indipendentemente dall’ammontare. L’opzione è valida per 15 anni e può essere estesa ai familiari con un ulteriore pagamento di 25.000 euro per ciascuno.
Secondo dati del Ministero dell’Economia, nel 2024 circa 1.500 individui hanno aderito a questo regime, portando un gettito complessivo di circa 150 milioni di euro. Tuttavia, la misura è stata oggetto di critiche, in particolare per la sua natura regressiva e per il rischio di concorrenza fiscale con altri Paesi europei.
________________________________________
Le critiche: equità e sostenibilità
Nonostante le diverse applicazioni, la flat tax in Italia continua a suscitare un acceso dibattito. Le principali critiche riguardano l’equità del sistema e la sua sostenibilità nel lungo periodo.
Secondo uno studio di Roberta Fantozzi, responsabile politiche economiche del Partito della Rifondazione Comunista, il 20% meno abbiente della popolazione risparmierebbe intorno all’1%, mentre al 20% più ricco andrebbe il 68,3% dei vantaggi. Inoltre, l’introduzione di una flat tax generalizzata comporterebbe un costo stimato tra i 60 e gli 80 miliardi di euro, mettendo a rischio il finanziamento di servizi essenziali come la sanità e l’istruzione.
Anche la Corte dei Conti ha espresso preoccupazioni, sottolineando la necessità di valutare attentamente l’impatto delle misure fiscali sulla progressività del sistema e sulla redistribuzione del reddito.
La flat tax nel mondo: tra successo apparente e limiti strutturali
Mentre in Italia il dibattito sulla flat tax è ancora acceso, diversi Paesi hanno già sperimentato l'aliquota unica, con esiti contrastanti.
Il caso più emblematico è quello dell’Europa dell’Est. A partire dagli anni 2000, Paesi come Estonia (1994), Lituania (1994), Lettonia (1995), Slovacchia (2004) e Romania (2005) hanno adottato la flat tax, generalmente con aliquote comprese tra il 10% e il 20%. L’obiettivo era duplice: attrarre investimenti esteri e semplificare sistemi fiscali complessi, eredità dell’economia socialista.
I vantaggi iniziali furono evidenti: crescita economica accelerata, aumento del gettito nel breve periodo grazie all’emersione del sommerso e miglioramento del clima d’impresa.
Ma nel medio periodo sono emerse criticità profonde:
• Riduzione delle entrate pubbliche, soprattutto nei settori welfare e sanità, già fragili.
• Aumento delle diseguaglianze: la flat tax tende ad avvantaggiare i redditi alti, in assenza di meccanismi redistributivi forti.
• Effetti di breve respiro: in molti casi il boom iniziale si è spento e le economie sono tornate a crescite più lente, con ritorno a misure più progressive.
La Russia, che introdusse la flat tax al 13% nel 2001, è spesso citata come modello. Tuttavia, analisi successive (IMF, 2011) mostrano che l’aumento del gettito fu legato non tanto all’aliquota unica, quanto all’aumento dei salari e al rafforzamento dell’amministrazione fiscale. Inoltre, il sistema fiscale russo continua a dipendere fortemente dalle imposte indirette e dai proventi delle risorse naturali.
In Ungheria, dove oggi la flat tax è al 15%, l’OCSE ha criticato nel 2020 il sistema per la scarsa progressività e per l’impatto negativo su famiglie a basso reddito.
Nessuno dei grandi Paesi dell’Europa occidentale ha adottato una flat tax generale. I motivi sono evidenti:
• sistemi di welfare ampi che richiedono entrate elevate e progressive;
• forte attenzione all’equità e alla redistribuzione;
• opposizione politica da parte di sindacati, centrosinistra e parte dell’accademia.
In sintesi, la flat tax può funzionare in economie piccole, aperte, con un welfare ridotto e forti capacità amministrative. Ma applicarla in Paesi come l’Italia, con una spesa pubblica significativa e profonde diseguaglianze, significa giocare con l’equilibrio sociale.
________________________________________
Le prospettive future: verso una riforma complessiva?
Il dibattito sulla flat tax si inserisce in un contesto più ampio di riforma del sistema fiscale italiano. Il governo ha annunciato l’intenzione di semplificare il sistema tributario, riducendo il numero di aliquote IRPEF e ampliando le basi imponibili. Tuttavia, resta da vedere se la flat tax sarà estesa a una platea più ampia di contribuenti o se resterà limitata a specifiche categorie.
Secondo alcuni analisti, una possibile soluzione potrebbe essere l’introduzione di una flat tax con deduzioni e detrazioni che ne garantiscano la progressività, evitando così gli effetti regressivi. Altri propongono invece una riforma più radicale, come l’introduzione di una cash flow tax, che tasserebbe i flussi di cassa anziché i redditi, semplificando ulteriormente il sistema.
________________________________________
Una scelta di campo
La flat tax rappresenta una scelta di campo tra semplificazione e progressività, tra attrazione di capitali e equità sociale. Mentre alcuni la vedono come una leva per rilanciare l’economia e attrarre investimenti, altri temono che possa minare i principi fondamentali del sistema fiscale italiano. La sfida per il futuro sarà trovare un equilibrio tra queste esigenze, garantendo al contempo la sostenibilità delle finanze pubbliche e la coesione sociale.