Ey, Italia più attrattiva: in testa per incremento degli investimenti diretti esteri tra le maggiori economie europee

- di: Barbara Bizzarri
 

Nel 2022 l’Italia conferma il trend positivo come destinazione di investimenti diretti esteri, con la realizzazione di 243 progetti, cresciuti su base annua del 17%, un dato superiore rispetto a quello relativo alle tre maggiori economie europee, Germania, Regno Unito e Francia, le quali, sebbene continuino ad attrarre la maggior parte dei flussi di IDE, il 50% del totale in Europa, registrano performance al di sotto delle aspettative: Germania -1%; Regno Unito: -6%; Francia: +3%.
C’è ancora uno spazio di crescita rilevante considerando la dimensione dell’economia italiana: si è mantenuta costante al 4% la quota di mercato dell’Italia sul totale degli IDE a livello europeo (Francia e Germania detengono rispettivamente il 21% e il 14%). I maggiori investitori in Italia sono Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania e ne consegue un certo ottimismo per le prospettive del Paese: il 54% delle imprese intervistate ha intenzione di investire in Italia nei prossimi dodici mesi e il 57% ritiene che l’Italia migliorerà la propria attrattività nei prossimi tre anni.

Ey, Italia più attrattiva: in testa per incremento degli investimenti diretti esteri tra le maggiori economie europee

L’Italia è stata promossa dagli investitori per l’impegno sulle tematiche ESG, sugli incentivi all’innovazione tecnologica e sulla formazione del capitale umano. In particolare, più del 50% degli investitori ritiene che l’Italia abbia una quota di fonti rinnovabili nel mix di energia prodotta superiore agli altri Paesi europei (ad esclusione di Regno Unito e Portogallo, che in questo ambito hanno un posizionamento superiore). Italia, Regno Unito e Francia sono i Paesi con la miglior tutela della proprietà intellettuale percepita a livello europeo; infine, per il 52% degli intervistati l’Italia è sopra la media europea nel promuovere una cultura aziendale flessibile e inclusiva: è quanto emerge dall’EY Europe Attractiveness Survey 2023, ricerca annuale che analizza l’andamento degli investimenti diretti esteri in Europa e le percezioni di investitori, rappresentanti istituzionali e opinion leader locali e internazionali, con l’obiettivo di misurare il livello di attrattività di ciascun Paese, individuare i driver di investimento futuri e le principali criticità.

“L’Italia continua a essere attrattiva, anche in un anno in cui le difficoltà economiche e finanziarie, insieme alle crisi geopolitiche, hanno avuto un impatto sugli investimenti diretti esteri in Europa. Se il continente registra un incremento modesto dell’1,4% rispetto al 2021, l’Italia si posiziona tra i primi dieci Paesi europei per numero di progetti: un segnale di fiducia nei confronti del Sistema Paese. Tuttavia, la quota di mercato detenuta dall’Italia resta pressoché stabile al 4%, nonostante sia la quarta economia europea dopo Germania, Regno Unito e Francia, che detengono invece rispettivamente il 14%, 16% e il 21% degli IDE registrati a livello europeo. Ciò significa che possiamo crescere ancora molto. L’opportunità offerta dal PNRR e la tenacia dimostrata dal tessuto imprenditoriale italiano possono essere alla base di nuove strategie di crescita nel medio e lungo periodo”, commenta Massimo Antonelli, CEO EY Italy e Chief Operating Officer EY Europe West.

I servizi B2B e il comparto IT, con il 19% e il 16% degli IDE totali dell’anno, sono risultati i settori più attrattivi per gli investitori stranieri in Italia. In calo trasporti e logistica, che segnano un decremento del 4% rispetto al 2021. Inoltre, l'Italia è riconosciuta come uno dei principali mercati di consumo in Europa: il 68% degli investimenti è infatti volto al posizionamento sul mercato locale; mentre il 32% degli investimenti è guidato dalle competenze e dal know-how locale.

In linea con il trend degli anni passati, i Paesi che hanno investito maggiormente in Italia nel 2022 sono: Stati Uniti (21%), Francia (14%, superando la Germania), Regno Unito (14%) e Germania (11%). Si conferma il trend del friendshoring, ossia la tendenza a investire in aree geografiche con cui sono in essere buone relazioni, consolidate e di lungo periodo.

Per quanto riguarda la distribuzione delle risorse sul territorio nazionale, gli investimenti in Italia sono per lo più concentrati nelle regioni del Nord-Ovest (57%), dove si trovano alcuni dei distretti industriali più attrattivi (ad es. meccanica, tessile, pelletteria, design, automotive). A seguire il Centro Italia (16%) e il Nord-Est (12%). Positiva la crescita degli investimenti destinati al Meridione (dal 10% al 15% del totale).

Sebbene il rallentamento della crescita in Europa, il livello di debito pubblico e l’andamento crescente dei tassi di interesse stiano influenzando le strategie di investimento in Italia, i player di mercato mantengono un moderato ottimismo: il 54% delle imprese intervistate ha intenzione di investire in Italia nei prossimi dodici mesi e il 57% ritiene che l’Italia migliorerà la propria attrattività nei prossimi tre anni. I settori digital economy, energia e beni di consumo, incluso il comparto agroalimentare, sono quelli considerati dalle imprese estere come più promettenti nel trainare la crescita italiana nei prossimi anni. Business services, marketing e vendite e processi di produzione risultano essere le funzioni aziendali su cui gli investitori esteri puntano maggiormente, anche per effetto dei trend di reshoring e nearshoring. La funzione di ricerca e sviluppo, tra quelle a maggior intensità di know-how, risulta ancora meno sviluppata in Italia rispetto ad altre economie europee: in quest’ambito lo spazio di miglioramento è ampio e si potrà far leva sugli investimenti pubblici del PNRR”, ha rilevato Marco Daviddi, Strategy & Transactions Markets Leader Europe West e Strategy & Transactions Leader Italy di EY (nella foto).

Il 35% degli investitori intervistati (rispetto al 70% del 2021) ritiene che la principale area su cui i policymaker italiani dovrebbero intervenire sia la riduzione dell’imposizione fiscale su consumatori e imprese, seguito dalla diminuzione del costo del lavoro (34%). Tra le aree su cui indirizzare politiche attive a supporto dell’attrattività, spiccano il miglioramento della qualità della vita, lo sviluppo sostenibile dei sistemi urbani e il supporto ai processi di innovazione.  La dimensione del mercato italiano rappresenta per il 65% del campione intervistato il principale driver che spinge gli investitori a stabilire una presenza diretta nel Paese, al fine di indirizzarsi ai consumatori. Anche il limitato grado di concorrenza in alcuni settori dell’economia nazionale rispetto ad altri Paesi europei, spesso caratterizzati dalla presenza di imprese di maggiori dimensioni, è percepito come un incentivo a investire in Italia per il 57% degli intervistati. Vincoli burocratici (64%) e incertezza politica e regolatoria (55%) sono gli elementi che, al contrario, disincentivano maggiormente gli investitori.

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