A Berlino l’allarme degli oncologi: investimenti e incentivi fiscali o l’industria scivolerà oltreoceano. Intanto Washington spinge sui prezzi “alla pari” e i big annunciano maxi piani negli Stati Uniti. L’Italia resta inchiodata all’1,3% di spesa in R&S.
(Foto: sperimentazione farmaceutica in laboratorio).
Il punto di Berlino
Al Congresso della Società europea di oncologia medica, a Berlino, il messaggio è inequivocabile: senza una svolta negli investimenti in ricerca e innovazione, l’Europa perderà terreno e aziende verso gli Stati Uniti. L’evento riunisce decine di migliaia di specialisti e fa da cassa di risonanza a un’urgenza politica ed economica che non ammette rinvii.
Il presidente eletto di Esmo, Giuseppe Curigliano, lo ha ripetuto con chiarezza: servono scelte pragmatiche e rapide, a partire dalla defiscalizzazione delle spese di R&S e da un finanziamento stabile e pluriennale. “Se non rendiamo conveniente fare ricerca in Europa, perderemo pezzi di industria e, domani, cure migliori per i pazienti”, è il concetto che rimbalza tra i lavori del congresso.
L’offensiva americana sui prezzi
Washington spinge una politica di prezzi “alla pari” con i Paesi avanzati, una linea che punta a far scendere le etichette dei farmaci negli Usa in linea con il minimo del G7. Per l’industria significa margini sotto pressione nel mercato più ricco e incentivi a spostare ricerca e capacità produttiva vicino al regolatore che detta il gioco.
In parallelo arrivano intese su singoli farmaci e pacchetti terapeutici, con sconti diretti ai pazienti e vincoli di investimento sul suolo statunitense. È la dimostrazione che l’offensiva sui prezzi cammina insieme a una strategia industriale “pro-USA”.
I piani dei big: capitali verso gli Stati Uniti
Mentre in Europa si discute, i capitali si muovono. AstraZeneca ha annunciato 50 miliardi di dollari di investimenti negli Stati Uniti entro il 2030, tra produzione e R&S. Sanofi ha messo in pista almeno 20 miliardi al 2030. Merck & Co. snocciola una serie di piani su siti e quartier generale americani: miliardi su manifattura biologica e piccole molecole, espansioni e un nuovo biologics center dedicato.
Risultato: l’ecosistema statunitense diventa ancora più attrattivo per studi clinici, partnership e catene di fornitura. E mentre l’America accelera, cresce anche il peso della Cina nella pipeline globale, alzando l’asticella della competizione su scala mondiale.
L’Europa indietro su R&S: il nodo italiano
L’Unione europea investe in R&S il 2,26% del Pil (2023), ben sotto i livelli di Stati Uniti e Corea. L’Italia sta peggio: circa l’1,37% nel 2023, in linea con l’anno precedente e con la componente delle imprese ferma sotto l’1%. È un differenziale strutturale che zavorra produttività, salari qualificati e capacità di trattenere investimenti “deep tech”.
Cosa fare da domattina
- Defiscalizzare integralmente le spese in R&S per imprese e filiere, con procedure semplici e tempi certi.
- Finanziamento pluriennale competitivo, puntando almeno all’1,5–2% del Pil per colmare il gap.
- Reti tra università, Irccs e imprese, con incentivi vincolati a brevetti, trial e trasferimento tecnologico.
- Appalti pubblici pro-innovazione in sanità, basati su valore clinico e outcome, non solo prezzo.
- Presidio europeo su regole e rimborsi dei farmaci innovativi, per evitare distorsioni sui listini.