Il porto di Lagos perde 55 milioni di dollari al giorno, tra inefficienze e corruzione

- di: Jean Aroche
 
Cos'è che prima era una delle due uniche fonti di ricchezza di un Paese (l'altra è il petrolio) ed oggi registra una perdita quotidiana di 55 milioni di dollari (46 milioni di euro) come conseguenza di mancate entrate?
È il porto di Lagos, megalopoli della Nigeria (nella sua area risiedono circa venti milioni di persone), che, nella definizione di chi da esso traeva sostentamento o addirittura ricchezza, ormai è "il caos totale", "un disastro" o, più pragmaticamente, "un bordello totale".

Se fino a ieri gli operatori del porto nigeriano - di fatto una piattaforma verso l'immenso mercato dell'Africa sub-sahariana - conoscevano le difficili condizioni in cui dovevano lavorare, oggi in tutti c'è la consapevolezza che non si era mai registrata una situazione come quella attuale.
Alcune compagnie di navigazione lamentano il fatto che le loro barche devono aspettare sino ad 80 giorni (con un aumento esponenziale dei costi) prima di entrare nel porto di Lagos, e, siccome i mari nigeriani non sono ritenuti sicuri, devono riparare e Cotonou o Lomé.

Se, prima del 2020 ogni terminal del porto di Lagos poteva ospitare sei o sette navi portacontainer a settimana, oggi il traffico è praticamente dimezzato, con appena tre attracchi nello stesso lasso di tempo. Una conferma della difficoltà dell'attuale situazione viene da un'altra statistica, secondo cui prima della crisi del Coronavirus, il 99% delle esportazioni del Paese e oltre l'89% delle sue importazioni sono transitate per mare, quasi esclusivamente via Lagos.
Lo scarico delle merci è rallentato dalla mancanza di automazione delle relative procedure, dalle lungaggini burocratiche doganali ed anche dalla mancanza di spazi fisici per la movimentazione dei container.

A completare il quadro delle difficoltà - aggravandole di molto - c'è anche il dispositivo di sicurezza, con moltissimi posti di blocco attuati intorno alle strutture portuali da diverse autorità (polizia, Dogana, forze speciali), tacendo della piaga della corruzione, che si traduce in una continua richiesta di tangenti, il cui ammontare, secondo alcuni operatori portuali, è quadruplicato negli ultimi mesi.
Il peso della corruzione viene trasferito direttamente sul prezzo dei prodotti ai consumatori, determinando quello che per molti è un "contesto di strangolamento economico", che aggrava la disoccupazione e l'inflazione, che ormai è costantemente a due cifre. Una situazione che sta cominciando ad attenuare la grande attenzione internazionale verso la Nigeria e il suo ruolo nei confronti del mercato africano.
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