Energia: quando non c'è solo Dio dietro le guerre di religione

- di: Diego Minuti
 
Oggi, davanti alla prospettiva, abbastanza concreta, che come Paese siamo destinati a pagare un prezzo altissimo alle tensioni geopolitiche (e mai il termine ''prezzo'' fu più aderente alla materia), è forse arrivato il momento di riconsiderare le nostre politiche nel campo dell'energia. Se oggi siamo a questo punto è anche perché le scelte fatte sono state spesso un tributo al contingente, non pensando agli scenari futuri.
Sulle tematiche energetiche si sono combattute battaglie, anzi guerre, che ci coinvolgono anche oggi, vista la situazione che stiamo attraversando e, soprattutto, quella che rischiamo di dovere affrontare in tempi nemmeno troppo lontani. Ma noi, come altri Paesi dal sangue latino, quando ci battiamo per qualcosa lo facciamo con animo e corpo, anche se talvolta la mente è ottenebrata da altro.

Energia: quando non c'è solo Dio dietro le guerre di religione

In campo energetico oggi non siamo certo all'anno zero (visto quello che si è fatto nel settore delle rinnovabili), ma purtroppo non basta perché la nostra produzione non può coprire il fabbisogno, soprattutto ora che la macchina produttiva ha ripreso a marciare, facendo lievitare i consumi.
Eppure non si riesce a trovare un punto di convergenza tra le nostre esigenze di oggi e le decisioni prese in passato, che vengono considerate intoccabili, quando, quanto meno, si potrebbe riprendere a confrontarsi.
Siamo stati protagonisti o anche solo spettatori di crociate nel campo dell'energia.

In quelle ''vere'' la maggior parte dei crociati partiva con la convinzione di avere la missione di restituire i luoghi santi al cristianesimo sottraendoli agli ''usurpatori'' musulmani. Ma non era solo per celebrare Dio e per sostituire con la Croce la mezzaluna che campeggiava sugli edifici di Gerusalemme, in mano all'Islam, che in tanti partivano dall'Europa. Perché gli interessi commerciali che c'erano dietro alle Crociate erano enormi, come testimoniato dai ricchissimi forzieri degli ordini monastico-guerrieri.

Le nostre guerre di religione sono più complesse perché, quando sposiamo una tesi, la difendiamo anche davanti a tutte le evidenze, facendo sorgere il dubbio su quale ne sia la motivazione.
Il caso del gasdotto trans-adriatico (il Tap) continua a restare emblematico di come spesso l'interesse pubblico venga piegato alla volontà di minoranze che sostengono con forza le loro istanze anche quando si dimostrano sbagliate.

Sul Tap si sono combattute due distinte esigenze: quella di allentare la ''monodipendenza'' energetica del Paese (che la fa sottostare ai ricatti dell'unico fornitore di gas) e quella di cavalcare la stagione del risentimento popolare contro tutto ciò che veniva percepito come espressione delle strategie di una classe politica bollata come corrotta. Una determinata parte politica (i Cinque Stelle) è stata abile nel captare il malessere della gente, che nel caso del Tap è sembrato più condizionato da un afflato paesaggistico che ambientalista.

Un braccio di ferro che ha dilatato i tempi di realizzazione di un'opera che aveva come obiettivo primario quello di toglierci da collo il cappio di dovere sottostare ad un solo fornitore che, per questo, può dettare tempi e modi dell'arrivo del gas. Ma siccome nulla è immutabile sotto i cieli della politica, dopo avere intascato i voti di chi si opponeva strenuamente all'opera, oggi i Cinque Stelle la rivendicano come se fosse loro esclusivo merito.
Ed è stupefacente registrare le capriole che stanno facendo i grillini su quest'opera che era vista come il Male assoluto e che oggi viene vista come necessaria.
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