Assemblea annuale Cia: agricoltura italiana al bivio, un settore tra crisi e rilancio

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Negli ultimi vent’anni, l’agricoltura italiana ha subito un drammatico ridimensionamento: oltre metà delle aziende agricole ha cessato l’attività, con una perdita di circa 850mila ettari di terreno coltivato.

Assemblea annuale Cia: agricoltura italiana al bivio, un settore tra crisi e rilancio

A evidenziarlo è uno studio Nomisma, commissionato da Cia-Agricoltori Italiani, presentato durante l’Assemblea annuale dell’organizzazione a Roma, presso l’Auditorium Antonianum, dove oltre 400 delegati si sono riuniti per confrontarsi sulle criticità e sulle prospettive del settore.

Il declino delle aziende agricole

Tra il 2000 e il 2020, l’Italia ha perso il 53% delle sue aziende agricole, passando da 2,4 milioni a poco più di un milione. Particolarmente colpite sono state le aree collinari e montane, dove si trovava il 75% delle aziende scomparse. Questa tendenza ha portato a una riduzione delle superfici coltivate (-5%) e ha accentuato la concentrazione delle attività agricole, con un aumento della dimensione media delle aziende rimaste attive (ora 11 ettari, contro i 17 della media UE).

Una crescita insufficiente

Nonostante l’agricoltura italiana resti la seconda potenza europea per valore aggiunto, la crescita registrata negli ultimi cinque anni è stata inferiore alla media dell’Unione Europea: +24% contro il +41%. Anche rispetto a competitor come Spagna e Germania, il confronto è impietoso, con questi ultimi che hanno superato il +45%.

Il valore aggiunto del settore primario italiano, al netto dell’inflazione, è diminuito del 9% tra il 2015 e il 2023, mentre settori come l’industria alimentare (+12%) e il commercio (+19%) hanno mostrato una ripresa significativa. La bilancia commerciale, inoltre, evidenzia un deficit strutturale: nonostante un aumento dell’export agroalimentare (+87% nell’ultimo decennio), le importazioni hanno seguito un trend analogo (+52%), generando un disavanzo commerciale in sette anni su dieci.

L’appello della Cia: più valore a chi produce

Il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, ha lanciato un messaggio chiaro durante l’Assemblea annuale: “L’agricoltura è a un punto di svolta. Per ridarle centralità servono azioni concrete, non proclami o misure punitive che hanno danneggiato il settore negli ultimi anni”.

Fini ha sottolineato la necessità di difendere chi produce, soprattutto nelle aree interne, dove si concentra il 56% della superficie coltivabile nazionale, e ha chiesto una revisione dei criteri di distribuzione dei fondi della Politica Agricola Comune (PAC). "Razionalizzare i beneficiari delle risorse è essenziale per garantire equità e sostenibilità", ha aggiunto.

Il rischio dell’abbandono

Se non verranno adottate misure adeguate, il futuro del settore appare incerto. "Senza interventi strutturali – ha avvertito Fini – rischiamo l’abbandono delle aree interne, la perdita del presidio territoriale, la scomparsa della biodiversità e del paesaggio, e la fine del Made in Italy agroalimentare".

Le criticità non riguardano solo la produzione, ma anche i consumi alimentari interni, ancora inferiori ai livelli pre-pandemia (242,3 miliardi di euro nel 2023 rispetto ai 252,2 miliardi del 2019). Anche la spesa fuori casa, tradizionale traino del settore, ha subito un calo significativo, passando da 87,5 miliardi di euro nel 2019 a 81,5 miliardi nel 2023.

Un settore strategico da salvare


La transizione climatica, le sfide dei mercati globali e la necessità di bilanci pubblici più rigorosi pongono il settore primario italiano davanti a sfide senza precedenti. Tuttavia, Fini ha ribadito che il Paese non può permettersi di perdere il suo agroalimentare, simbolo di qualità e cultura.

Con le risorse sempre più limitate, l’agricoltura italiana si trova a un bivio. Il futuro dipenderà dalla capacità di trasformare queste sfide in opportunità, sostenendo chi produce e valorizzando ciò che rende unico il nostro sistema agricolo. Ora più che mai, il settore ha bisogno di risposte concrete per continuare a essere un pilastro della nostra economia e della nostra identità.

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