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Debito batte Difesa: il sorpasso che cambia l’America

- di: Bruno Legni
 
Debito batte Difesa: il sorpasso che cambia l’America
Debito batte Difesa: il sorpasso che cambia l’America
Gli Stati Uniti ora spendono più per pagare il debito che per armamenti – cosa significa sul piano economico e geopolitico.

Il sorpasso è avvenuto e non è un dettaglio contabile: la spesa per gli interessi sul debito federale ha superato quella per la Difesa. È un cambio di fase che incrocia economia reale, politica di bilancio e capacità di proiezione internazionale. La domanda non è più “se”, ma per quanto tempo questa nuova gerarchia di spesa resterà con noi e con quali effetti.

Che cosa dicono i numeri

Nel bilancio federale più recente, il costo degli interessi ha toccato livelli mai visti in epoca moderna, consolidando il primato sulla spesa militare. La dinamica è stata alimentata dall’aumento dei rendimenti sui titoli del Tesoro, dall’ammontare del debito accumulato e dalla struttura del bilancio, dove le voci obbligatorie crescono più velocemente di quelle discrezionali.

Perché accade adesso

Tre i motori principali. Primo: tassi più alti dopo la stretta anti-inflazione hanno rialzato il costo medio del rifinanziamento. Secondo: debito elevato che rende più sensibile il bilancio alle oscillazioni dei tassi. Terzo: spesa obbligatoria in crescita (previdenza e sanità) che comprime il margine per il resto. A questo si sommano scelte fiscali espansive dell’ultimo decennio che hanno ampliato i deficit strutturali.

Implicazioni sul piano strategico

Il sorpasso degli interessi limita la flessibilità della politica di difesa. Investimenti in tecnologie critiche, manutenzione delle infrastrutture e ammodernamento delle forze rischiano di essere rinviati o ridotti. Nel lungo periodo, il costo del debito può esercitare un effetto di crowding out sull’economia: risorse assorbite dal servizio del debito non vanno a infrastrutture, ricerca, istruzione, con impatto sulla produttività potenziale.

Che cosa può fare Washington

Le opzioni sono chiare, anche se politicamente complesse. Una strada è ridurre il deficit con riforme della spesa obbligatoria e limiti credibili alla spesa discrezionale. Un’altra è aumentare il gettito allargando basi imponibili ed eliminando distorsioni. Una terza leva è stabilizzare le aspettative sui tassi con una politica monetaria coerente con l’obiettivo di inflazione: eventuali cali dei tassi aiuterebbero, ma non risolvono il nodo di fondo se il debito continua a crescere più del Pil nominale.

Mercati, Fed e politica

I mercati guardano alla banca centrale per capire la traiettoria dei rendimenti: ogni punto percentuale in più o in meno si traduce in decine di miliardi di dollari annui sul costo del servizio del debito. La politica fiscale dovrà coordinarsi con la politica monetaria invece di remarle contro: espansioni procicliche rischiano di rendere la curva dei tassi più ripida e il rifinanziamento più costoso.

Il rischio di rinviare

Rimandare le scelte significa accumulare interessi su interessi. Ogni anno di inerzia rende più doloroso l’aggiustamento successivo. La finestra per intervenire senza sacrifici eccessivi non è infinita: se la spesa per interessi diventasse la prima voce del bilancio, tutto il resto – difesa, welfare, investimenti – finirebbe in coda.

La posta in gioco

Non è solo una questione di cifre: è in gioco la credibilità finanziaria e la capacità degli Stati Uniti di definire priorità strategiche senza che siano i mercati a dettarle. La storia insegna che i grandi poteri declinano quando il costo del passato – gli interessi sul debito – divora le risorse del futuro. 

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