Scontro Draghi-triplice sulle pensioni, una partita ancora tutta da giocare

- di: Redazione
 
Lo strappo, sebbene non formalizzato, tra il presidente del consiglio e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil è la fotografia dell'attuale momento politico in cui ciascuno ritiene di essere portatore delle migliori idee e che, su questo, è disposto a portare avanti posizioni di intransigenza che possono essere il detonatore di una crisi.
Non entriamo nel merito della contrapposizione tra Draghi e i vertici del sindacalismo italiano, anche perché la materia oggetto delle frizioni - il regime pensionistico - è molto complessa e rischia di essere divisiva perché potenzialmente capace di spaccare il Paese tra chi ritiene che la messa in sicurezza dei conti del sistema pensionistico sia propedeutica a molti altri argomenti e chi, di contro, vede la tutela di chi è a un passo dalla uscita dal mondo del lavoro attivo come punto non trattabile.

Tensione Draghi-Sindacati sul tema delle pensioni

L'impressione che si trae, da queste schermaglie - perché al momento è solo di questo che parliamo -, è che la partita sia molto più grande rispetto alla materia. Perché è l'ennesimo episodio di un logoramento dell'esecutivo che, nonostante l'ampiezza della coalizione che lo sostiene, sembra ostaggio della contrapposizione tra i partiti della maggioranza e, paradossalmente, anche al loro interno.
Da questo punto di vista l'ambiguità dell'atteggiamento della Lega è paradigmatico del clima che si vive nella maggioranza perché Salvini ribadisce, ad ogni occasione che gli si pone, la fedeltà al governo, anzi un sostegno totale, ma su alcuni punti dimentica di fare parte della maggioranza, per mettersi su posizioni di opposizione che si stenta a potere attribuire a chi ha tre ministri.

Certo lo scenario che si è aperto ieri, nel confronto-scontro tra palazzo Chigi e i sindacati, non è che induca a valutazioni ottimistiche perché il nodo irrisolto rimane e Cgil, Cisl e Uil non possono certo fare dietro-front ed essere concilianti dopo avere reclamato una profonda riforma delle pensioni. Punto sul quale Mario Draghi non intende discutere, convinto come è che solo un rientro nel perimetro definito a suo tempo dalla legge Fornero contribuirà a rimettere in cammino un auspicabile riequilibrio dei conti del sistema pensionistico.

Ora il pallino è tornato in mano a Landini, Sbarra e Bombardieri che si trovano in una condizione difficile perché costretti a imboccare una sola strada, quella dello sciopero generale. La sensazione che si percepisce, a guardare la cosa dall'esterno, è che la determinazione dello schieramento sindacale sia stata fortemente condivisa dai tre segretari generali, che ora certo non possono fare passi indietro, a rischio di perdere la faccia.

Politicamente, Draghi si trova nella condizioni migliore perché sa di avere dalla sua quasi tutti i partiti della coalizione e anche del Paese, che certo non vedrebbe di buon occhio uno sciopero generale, pur condividendone in parte lo spirito. Comunque il giudizio negativo dei sindacalisti non è focalizzato solo sul tema delle pensioni, ma anche quello degli ammortizzatori sociali e sulle tasse. In un certo senso, il fatto che i sindacati decideranno una mobilitazione (leggi sciopero) solo dopo il varo della legge di bilancio è un modo per scaricare su Draghi l'onere della scelta, con loro o contro di loro. Peccato che il presidente del Consiglio, lasciando inaspettatamente la riunione di ieri quando ancora la discussione era in corso, abbia fatto capire già che non intende fare un passo indietro, nemmeno piccolissimo.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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