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Perché bisognerebbe rinnovare il Bonus IPO

- di: Christian Dominici, commercialista e fondatore di Christian Dominici Spa
 
Perché bisognerebbe rinnovare il Bonus IPO
C’è grande preoccupazione e disappunto da parte di tanti imprenditori e operatori del settore: mentre continua l’iter del Dl Capitali, il bonus IPO (l’incentivo per favorire la quotazione in Piazza Affari delle pmi italiane) non è entrato nella Manovra 2024. Diverse associazioni di categoria, come Assofin e AssoNext, stanno ora chiedendo ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti di ripristinare l’incentivo.

Perché bisognerebbe rinnovare il Bonus IPO

Dello stesso parere è Christian Dominici, commercialista e fondatore dell’omonimo Studio, esperto nella cessione di crediti tributari e nell’accesso al credito delle pmi. “Il bonus IPO costituisce una leva fondamentale per la crescita delle nostre aziende e, di conseguenza, per lo sviluppo dell’economia italiana basata prevalentemente sulle pmi. Non rinnovarlo significa causare un grave danno agli imprenditori, a tutto il mondo professionale e consulenziale che lavora per le pmi, e di riflesso al nostro stesso Paese”.

Il bonus IPO consiste in un credito di imposta del 50% sui costi di quotazione fino a 5.000 mila euro e dalla sua introduzione nel 2018 è sempre rinnovato di anno in anno, più o meno alle stesse condizioni. Secondo i dati dell’Osservatorio Pmi Egm dal 2018 al 2022 ha favorito oltre 120 debutti su Euronext Growth Milan con un utilizzo complessivo della misura da parte delle pmi di circa 50 milioni di euro. In particolare, nel 2022, le quotazioni sono state 25 con un credito di imposta complessivo di 9,4 milioni di euro.
 

“Si tratta di uno strumento indispensabile per le pmi per potersi quotare nella Borsa italiana e per poter crescere senza dover continuamente fare affidamento sul credito bancario e dei fondi” continua Dominici. “Quotarsi a Piazza Affari garantisce trasparenza e solidità, ma il problema sono i costi da sostenere per la quotazione, che comprendono le parcelle dei consulenti e i costi variabili legati al collocamento delle azioni presso gli investitori. La conseguenza è che probabilmente molte pmi, non riuscendo a sostenere questi costi, preferiranno quotarsi in Borse di Paesi stranieri, più facilmente accessibili e percepite come più attraenti”.

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