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Disney+ e la serie sul caso Avetrana - Silenzio artistico

- di: Barbara Leone
 

L'Italia è un Paese che sa trattenere il respiro, con quella capacità di mettere in stallo le ferite del passato anziché riconoscerle, comprenderle e magari superarle. Questo sembra essere, ancora una volta, il caso di Avetrana. La serie “Avetrana - Qui non è Hollywood”, prodotta da Disney+ e Groenlandia e pronta a raccontare una delle pagine più inquietanti della cronaca nera italiana, è stata bloccata in seguito a un ricorso del sindaco della cittadina pugliese. Una sorta di blocco preventivo, in attesa non si sa di cosa, che ha suscitato reazioni sdegnate da parte dell'industria audiovisiva italiana. Una “grave lesione della libertà di espressione”, l’ha definita Chiara Sbarigia, presidente dell’APA (Associazione Produttori Audiovisivi). Libertà di espressione che, tocca pure ricordarlo, è un diritto fondamentale protetto dalla Costituzione. Mentre Benedetto Habib, presidente dell'Unione produttori di ANICA, ha messo in guardia sui rischi di creare un precedente che possa vincolare l’arte e la produzione audiovisiva a non fare più riferimento alla realtà o alla cronaca, riducendo di fatto il racconto del nostro tempo. Dal canto loro, Disney e Groenlandia hanno già annunciato che difenderanno la serie nelle sedi opportune, considerando questa sospensione un ostacolo ingiustificato alla libertà creativa.

La serie è stata presentata alla Festa del Cinema di Roma e doveva approdare su Disney+ il 25 ottobre, ma una scena ha acceso le polemiche: un gruppo di turisti con una guida osserva “la villetta degli orrori” di Avetrana, come se fosse un'opera d’arte o un museo, indicando il pozzo dove fu ritrovato il corpo di Sarah Scazzi. La rappresentazione, dura e forse volutamente provocatoria, evoca una riflessione difficile ma necessaria sulla spettacolarizzazione del crimine, un fenomeno che non riguarda solo l’Italia ma è globale. La cosa più assurda è che la decisione del tribunale di Taranto non è spinta dalle proteste della famiglia Scazzi o Misseri, le più coinvolte dalla tragedia, ma da quelle di un’amministrazione comunale preoccupata per “l’onore della cittadina”, lascia spazio a una discussione che si spinge ben oltre il singolo caso giudiziario. Il sindaco di Avetrana si è quindi opposto, non tanto per tutelare la memoria di Sarah, quanto per proteggere l'immagine della cittadina, anzi paese, che da anni porta con sé un marchio indelebile. E’ vero: Avetrana è stata teatro di un dramma. Esattamente come altre città lo sono state per eventi simili: basti pensare a Cogne, per il caso Lorenzi, o Erba per il massacro compiuto dai coniugi Romano. L’intento della serie era forse anche quello di fare luce sul modo in cui Avetrana stessa sia stata trasformata in un “luogo del delitto” a uso e consumo mediatico e turistico, diventando tristemente un'attrazione per il turismo del macabro. Se questo sia giusto o meno è una questione aperta, ma quel che è certo è che questa realtà esiste. E se Avetrana non è Hollywood, forse il sindaco avrebbe potuto riconoscerlo prima di dare una spinta mediatica ulteriore a un’opera che, presumibilmente, verrà comunque trasmessa.

Il tutto creando un effetto paradosso, con una serie che racconta una storia che non vuole essere dimenticata. Del resto, anche questo tocca ricordare, in Itala di produzioni cinematografiche e televisive che affrontano fatti di cronaca nera ce ne sono a vagonate: “Cogne”, “Gomorra”, “La Piovra”, “Suburra” e tanti altri film, che hanno portato sugli schermi la brutalità e la realtà di luoghi che, loro malgrado, sono diventati simbolo di un immaginario oscuro. Tuttavia, mai nessuna di queste ha subìto un blocco preventivo: semplicemente nessuno lo ha mai chiesto! Il rischio è che il caso “Avetrana - Qui non è Hollywood” generi, appunto, un effetto paradossale, perchè l’intenzione del sindaco di tutelare la reputazione della cittadina potrebbe fare esattamente il contrario, alimentando la curiosità e rendendo questa serie ancora più attesa. Purtroppo è un dato di fatto: le tragedie che segnano un luogo lasciano cicatrici profonde e indelebili. Ma ignorarle non le fa sparire. Il delitto di Sarah Scazzi appartiene alla memoria di tutti noi, e la serie non è un tentativo di cancellare quel dolore, ma anzi uno spunto per ricordare. Sarah, in questa battaglia politica e mediatica, non c'è. La sua assenza è il vero, assordante silenzio che continua dal 26 agosto di quell’anno. Tutto il resto, per dirla con Shakespeare, è silenzio. Anzi, silenzio artistico.

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