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Decreto Ucraina, braccio di ferro: la Lega vuole più aiuti civili

- di: Bruno Legni
 
Decreto Ucraina, braccio di ferro: la Lega vuole più aiuti civili
Decreto Ucraina, braccio di ferro: la Lega vuole più aiuti civili

L’ennesimo provvedimento sul sostegno italiano a Kyiv — quello che, a fine anno, rinnova e indirizza l’assistenza — non è (più) un passaggio scontato. È diventato una trattativa vera, di quelle in cui ogni parola pesa, perché dentro c’è tutto: linea internazionale, tenuta politica e messaggio all’opinione pubblica.

(Foto: il ministro della Difesa, Guido Crosetto).

Il punto di attrito: non solo “cosa” inviare, ma “come” raccontarlo

La richiesta leghista, ripetuta con insistenza nelle ultime settimane, ruota attorno a un concetto chiave: spostare il baricentro sugli aiuti civili (generatori, gruppi elettrogeni, logistica, sostegno alla popolazione) e, se si parla di militare, farlo con l’etichetta del “difensivo” (per esempio sistemi antiaerei o dotazioni orientate alla protezione).

Matteo Salvini ha rivendicato pubblicamente che il testo, “nei prossimi giorni”, arriverà in Consiglio dei ministri ma non dovrà essere “un semplice decreto sulle armi”: l’obiettivo dichiarato è inserire nero su bianco difesa della popolazione e logistica, per marcare una discontinuità rispetto ai pacchetti precedenti.

Il “capitolo civile” e la linea Mantovano

Nella maggioranza, il nome che compare di continuo come regista della mediazione è quello del sottosegretario Alfredo Mantovano. Nei giorni scorsi, la sua impostazione è stata sintetizzata così: il nuovo decreto dovrebbe avere un’impronta “principalmente civile”, con un’attenzione specifica a strumenti utili a reggere l’inverno e gli attacchi alle infrastrutture energetiche.

È una formula che prova a tenere insieme due obiettivi: non arretrare sul sostegno a Kyiv e, allo stesso tempo, rendere politicamente digeribile il pacchetto a chi, nella Lega, chiede un cambio di tono e di contenuti.

Crosetto frena: “offensivo” e “difensivo” non sono un interruttore

Il ministro della Difesa Guido Crosetto, invece, è tra i più scettici sull’idea di dividere il mondo in “armi buone” e “armi cattive”. Il punto, nella sua impostazione, è pragmatico: sul campo la distinzione tra offesa e difesa è spesso labile, e il rischio è trasformare una discussione tecnica e militare in una disputa semantica.

In parallelo, Crosetto ha anche fatto un ragionamento di calendario: un decreto entra in vigore subito, e vararlo più vicino possibile alla fine dell’anno può diventare un modo per guadagnare tempo sulla successiva conversione in legge (che ha una finestra di 60 giorni).

Tajani prova a chiudere il cerchio: “prevalentemente civili”, ma dentro ci sarà anche il militare

Forza Italia si posiziona da “pontiere”, ma senza arretrare sulla sostanza. Antonio Tajani ha riassunto l’equilibrio con una frase che sembra già scritta per stare in un comunicato: aiuti civili “prevalentemente”, sì; però quel “prevalentemente” non cancella la componente militare, che per la Farnesina resta parte integrante del sostegno.

Nella sua argomentazione, un nodo ritorna: l’energia. Tajani richiama gli attacchi russi alle infrastrutture e lega la necessità di inviare aiuti civili (generatori, apparecchiature) alla protezione della popolazione e alla capacità del Paese di restare in piedi durante l’inverno.

La data che incombe: il Cdm di fine dicembre e il “gioco dei rinvii”

Il calendario è stretto e, proprio per questo, diventa una leva politica. L’ipotesi più ricorrente è che il testo venga portato al Consiglio dei ministri il 29 dicembre (ultima finestra utile), ma nelle ultime settimane è circolata anche l’idea di anticipare la discussione in un Cdm precedente. In ogni caso, la dinamica è chiara: più ci si avvicina al traguardo, più il compromesso diventa conveniente per tutti, perché nessuno vuole intestarsi lo strappo finale.

Lo sfondo europeo: asset russi, regole e “rischio boomerang”

Il dibattito italiano si intreccia con quello europeo, soprattutto sul dossier degli asset russi congelati. Tajani, parlando del tema, ha insistito sulla necessità di evitare scelte che possano ritorcersi contro l’Unione sul piano giuridico: il timore evocato è quello di contenziosi capaci di trasformare una mossa politica in un boomerang davanti alle corti europee.

Morale: mentre a Roma si discute di aggettivi (“difensivo”, “prevalentemente”), a Bruxelles si ragiona su basi legali, banche centrali e possibili ricorsi. E i due piani finiscono per alimentarsi a vicenda.

Che cosa cambia davvero, se passa la formula “civile + difensivo”

Se la mediazione dovesse reggere, il decreto potrebbe presentarsi con una struttura in due blocchi:

  • Aiuti civili e umanitari: generatori, gruppi elettrogeni, logistica e materiali collegati alla tenuta delle reti essenziali.
  • Supporto militare “orientato alla difesa”: strumenti legati alla protezione (come sistemi antiaerei) e dotazioni mirate.

Attenzione, però: anche se cambia il racconto pubblico e si aggiunge un capitolo civile più esplicito, resta un elemento strutturale della politica italiana dal 2022 in avanti: i contenuti dei pacchetti militari tendono a essere classificati, e il quadro normativo passa per autorizzazioni e proroghe che il Parlamento monitora nel tempo.

La partita politica: identità, equilibrio interno e “messaggi” agli elettori

Dentro questo braccio di ferro c’è una partita di identità. La Lega vuole poter dire: abbiamo corretto la rotta, non è “solo armi”. Crosetto vuole evitare che il Paese appaia incerto o ondivago. Tajani prova a garantire continuità internazionale senza offrire il fianco a una polemica interna permanente. E Palazzo Chigi, con Mantovano in cabina di regia, cerca la quadra più semplice: un testo che non scontenti nessuno abbastanza da far saltare tutto.

Che cosa aspettarsi adesso

Il punto più realistico è che si arrivi a un decreto con una formula “a doppia chiave”: una parte civile ben visibile (anche per rispondere alla pressione leghista) e una parte militare confermata, magari con un lessico più prudente. Il vero test sarà il dopo: quando, archiviata l’urgenza del varo, inizierà la fase della conversione in legge, dove i distinguo possono tornare a diventare emendamenti, voti e conti in Parlamento. 

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