Il rallentamento dell’economia italiana passa soprattutto dal fronte commerciale. Il Centro Studi di Confindustria segnala che la frenata dell’export verso gli Stati Uniti ha già iniziato a produrre effetti concreti: ad agosto le vendite oltreoceano sono crollate del 21,1% su base annua, dopo mesi di corse in avanti dovute all’anticipo degli ordini per aggirare l’impatto delle tariffe. Ora la fase di compensazione è arrivata e pesa sull’intero export extra-Ue.
Dazi Usa, l’Italia rischia 16,5 miliardi di export: filiere in allerta
La stima del Csc è netta: se i dazi restano in vigore, nel medio-lungo termine la perdita di mercato per il Made in Italy potrebbe toccare 16,5 miliardi. Non è un ribasso episodico, ma uno scenario strutturale equivalente al 2,7% dell’export complessivo. I comparti più esposti sono proprio quelli identitari: auto, alimentare, bevande, moda e pelli. Il rischio, questa volta, non è solo perdere quote di mercato ma vedere le aziende costrette a spostare produzione negli Usa per continuare a vendere.
Competitività sotto doppia pressione: tariffe e cambio
Oltre alle tariffe, c’è l’effetto cambio. Il ciclo di tagli ai tassi deciso dalla Fed sta indebolendo il dollaro. Con un euro più forte di oltre il 12%, l’export italiano diventa più caro e meno competitivo. È un combinato disposto che spinge le imprese in una strettoia: vendere di meno e a margini più ridotti.
Energia più “tranquilla”, ma non leggera
Sul fronte energetico il quadro migliora ma resta oneroso. Il gas in Europa è stabilizzato intorno ai 32 euro al MWh, comunque più del doppio rispetto al periodo pre-crisi. Il petrolio è tornato vicino ai livelli 2019, a circa 66 dollari al barile. L’inflazione bassa aiuta, ma la politica monetaria europea è immobile, mentre quella americana continua a muoversi: e lo squilibrio pesa sulle imprese più esposte ai mercati esteri.
Industria fragile, investimenti in controtendenza
L’industria resta appesantita: ad agosto la produzione è scesa del 2,4%. I segnali di recupero arrivano solo a settembre, mentre gli investimenti registrano un andamento opposto: crescono in modo costante dal secondo trimestre e restano la componente più dinamica del quadro italiano. Il credito a costo più basso inizia a riattivarsi, sostenendo soprattutto i beni strumentali.
Consumi cauti e famiglie prudenti
La domanda interna resta frenata dalla prudenza delle famiglie. Il reddito reale è in lieve crescita ma il risparmio sale al 9,5%, segno di incertezza. I consumi migliorano ma restano inferiori al potenziale. Turismo moderatamente positivo, servizi in espansione ma senza slancio.
La vera partita è geopolitica, non statistica
Confindustria segnala un rischio che va oltre il dato mensile: se i dazi diventano permanenti, l’Europa potrebbe iniziare a perdere fette di filiera, non solo commesse. L’industria americana, insieme a Messico e Canada, potrebbe sostituire progressivamente le importazioni europee. Il Made in Italy sarebbe protetto solo nel breve periodo dalla forza del marchio; nel lungo, servirà presenza produttiva sul territorio americano o nuovi accordi commerciali. Il tempo, in questa fase, è parte integrante della competizione.