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Dazi USA su acciaio e alluminio: la sfida di Trump all’Europa e il dilemma di Bruxelles

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Dazi USA su acciaio e alluminio: la sfida di Trump all’Europa e il dilemma di Bruxelles

La nuova ondata protezionistica annunciata da Donald Trump non ha ancora assunto i contorni ufficiali di un provvedimento formale, ma è già sufficiente per riaccendere le tensioni tra Washington e Bruxelles. Con la minaccia di dazi del 25% su acciaio e alluminio, il presidente degli Stati Uniti lancia un segnale chiaro: l’America vuole proteggere la sua industria nazionale a scapito dei partner storici.

Dazi USA su acciaio e alluminio: la sfida di Trump all’Europa e il dilemma di Bruxelles

Dalla Commissione europea filtra cautela: "In questa fase non abbiamo ricevuto alcuna notifica ufficiale", si legge in una nota di Bruxelles. Ma la risposta dell’Europa, nelle parole del ministro francese degli Esteri Jean-Noël Barrot, non lascia spazio a dubbi: "L’Ue risponderà, come ha fatto durante il primo mandato di Trump". Uno scenario che prelude a una nuova guerra commerciale tra le due sponde dell’Atlantico, proprio quando le economie occidentali cercano stabilità dopo anni di crisi globali.

Trump e la logica del protezionismo: l’Europa nel mirino
La politica dei dazi non è una novità per Trump, che già nel suo primo mandato aveva colpito duramente l’Europa con tariffe su acciaio, alluminio e prodotti agroalimentari. La sua strategia è chiara: rilanciare la produzione interna e ridurre il deficit commerciale, un mantra che fa presa sull’elettorato industriale del Midwest e sulle lobby dell’acciaio.

Ma dietro la retorica dell’America First si nasconde una verità più complessa: il protezionismo di Trump non è solo una misura economica, è una carta politica giocata per mettere pressione sugli alleati, imponendo nuove regole del gioco nel rapporto con l’Unione Europea.

Per Bruxelles, il rischio è evidente: cedere alla logica delle ritorsioni potrebbe innescare una spirale di sanzioni e controsanzioni che penalizzerebbe entrambe le economie. Ma restare immobili equivarrebbe ad accettare un diktat unilaterale, con conseguenze devastanti per il settore siderurgico europeo, già alle prese con la concorrenza cinese e le difficoltà legate alla transizione energetica.

Von der Leyen e l’incontro con Vance: la prima prova della nuova amministrazione

Il dossier sarà inevitabilmente sul tavolo domani a Parigi, dove la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen incontrerà il vicepresidente statunitense J.D. Vance. Sarà il primo confronto diretto con un alto rappresentante della nuova amministrazione USA e un test cruciale per capire fino a che punto Washington intenda portare avanti la linea protezionistica annunciata da Trump.

Vance, astro nascente del trumpismo, è un politico noto per le sue posizioni nazionaliste ed economiche, e la sua presenza al vertice segna una chiara continuità con la visione economica di Trump. L’Europa, dunque, dovrà prepararsi a una trattativa dura, in cui le richieste di Bruxelles per esenzioni o deroghe difficilmente troveranno terreno fertile.

La reazione dell’Europa: tra fermezza e pragmatismo
L’Unione Europea ha già affrontato scenari simili in passato. Quando Trump impose dazi nel 2018, Bruxelles rispose con contromisure mirate, colpendo settori strategici dell’economia americana, dal bourbon al tabacco, dalle motociclette Harley-Davidson ai prodotti agricoli. Una strategia che si rivelò efficace nel mantenere la pressione sugli Stati Uniti, ma che non evitò danni economici alle industrie europee.

Oggi, però, il contesto è diverso. L’Europa è più fragile, segnata dalla crisi energetica, dal rallentamento economico e dalle tensioni geopolitiche. Il rischio è che una nuova guerra commerciale con gli Stati Uniti si sommi alle già difficili relazioni con la Cina, lasciando Bruxelles in una posizione di isolamento strategico.

Per questo, la Commissione dovrà bilanciare fermezza e pragmatismo. Da un lato, sarà necessario mostrare a Washington che l’Europa non accetta imposizioni unilaterali; dall’altro, occorrerà trovare un compromesso che eviti un’escalation dannosa per entrambe le parti. Una sfida complessa, soprattutto in un’epoca in cui gli equilibri internazionali sono sempre più precari.

Un’Europa più autonoma? Il dilemma della politica industriale
La vicenda dei dazi riporta al centro del dibattito una questione fondamentale: l’autonomia strategica dell’Europa. Il Vecchio Continente ha sempre dipeso dagli Stati Uniti per la sicurezza e, in parte, per la stabilità economica. Ma con l’America che torna a chiudersi in sé stessa, l’Ue non può più permettersi di restare vulnerabile alle decisioni di Washington.

Alcuni leader europei, come il presidente francese Emmanuel Macron, hanno più volte invocato una politica industriale più indipendente, capace di proteggere i settori strategici senza dover dipendere dai capricci della Casa Bianca. Ma le divisioni interne all’Ue rendono difficile una strategia comune. Paesi come la Germania, fortemente legati all’export, temono che un’escalation con gli Stati Uniti possa danneggiare la loro economia più di quanto non lo facciano i dazi stessi.

In questo contesto, la questione dell’acciaio e dell’alluminio diventa un banco di prova per la capacità dell’Europa di reagire con unità e determinazione. Il rischio, altrimenti, è che Trump continui a dettare le regole del gioco, imponendo la sua agenda senza trovare una reale opposizione.

Un’Europa al bivio
L’incontro tra von der Leyen e Vance a Parigi sarà solo il primo atto di una partita che si giocherà nei prossimi mesi. L’Europa dovrà decidere se accettare il nuovo corso protezionistico degli Stati Uniti o se rispondere con misure equivalenti. Ma al di là delle singole decisioni, la vera questione è più ampia: l’Unione Europea può ancora considerarsi un attore autonomo sullo scenario globale, o è destinata a rimanere ostaggio delle scelte americane?

Quella sui dazi non è solo una battaglia economica. È una questione di potere, di equilibri geopolitici e di futuro. Bruxelles dovrà dimostrare di avere la forza per rispondere, senza cadere nella trappola dell’isolazionismo o della debolezza.

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