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Cina a muso duro con Trump: niente ricatti, replicheremo colpo su colpo fino alla fine

- di: Bruno Coletta
 
Cina a muso duro con Trump: niente ricatti, replicheremo colpo su colpo fino alla fine
Pechino attacca la “natura ricattatoria” della Casa Bianca e invoca un confronto paritario. La guerra dei dazi si riaccende.
La tregua commerciale è definitivamente archiviata. La Cina (nella foto il presidente Xi Jinping) lancia un messaggio inequivocabile a Donald Trump: “Se Washington insisterà sulla strada dello scontro, lotteremo fino alla fine”. Parole dure, affidate a una nota del ministero del Commercio, che sanciscono l’apertura di una nuova fase di tensione tra le due superpotenze. Il presidente americano ha annunciato l’intenzione di raddoppiare le tariffe fino al 50% se Pechino non revocherà i suoi dazi di ritorsione del 34%: una mossa che il governo cinese definisce “un errore su un altro errore”.
La replica non lascia spazio a fraintendimenti. “Non accetteremo mai ricatti dagli Stati Uniti. La Cina non cederà di fronte alla pressione economica”, afferma il portavoce del ministero. È il preludio a un’escalation annunciata, in un momento in cui l’amministrazione Trump sembra decisa a usare il commercio come leva per riaffermare il proprio dominio geopolitico, ignorando ogni tentativo di dialogo multilaterale.

Una crisi costruita a tavolino

Le nuove frizioni nascono da un calcolo politico chiaro: Trump vuole mostrare forza, incendiare gli equilibri del sistema internazionale e instaurare nel mondo una società e un’economia dirigista con l’America, che diventerà sempre più a democrazia limitata, a farla da padrona. Ma a farne le spese è la stabilità globale. Il presidente statunitense ha rilanciato l’ennesima offensiva tariffaria, ignorando le conseguenze per le catene del valore, gli investimenti esteri e la cooperazione tecnologica. Pechino, al contrario, punta il dito contro l’unilateralismo americano e chiede un ritorno alla diplomazia. “Serve un confronto basato sul rispetto reciproco e su un piano di parità”, ribadiscono da Pechino.
La Casa Bianca, però, alza il tiro. Le tariffe vengono presentate come strumento di giustizia economica, ma in realtà celano un’agenda ideologica: contenere l’ascesa cinese ad ogni costo, anche a prezzo di minare il sistema del libero scambio. È una strategia di logoramento che rischia di incendiare non solo i rapporti bilaterali, ma l’intero equilibrio dei mercati internazionali.

L’appello al dialogo che Trump ignora

Nonostante la durezza del linguaggio, la Cina lascia aperto uno spiraglio. “Chiediamo agli Stati Uniti di eliminare tutte le tariffe unilaterali e di porre fine alla repressione economica contro la Cina”, si legge nella nota ufficiale. Ma l’ultima parola di Trump è una minaccia: o Pechino ritira i dazi, o scatteranno nuove sanzioni a tappeto. Una dinamica da “gioco a somma zero” che rievoca i giorni peggiori della guerra commerciale del primo mandato.
L’aspetto più allarmante, però, è l’assenza di qualsiasi mediazione internazionale. L’Organizzazione mondiale del commercio resta silente, l’Unione Europea si limita a osservare, e le grandi multinazionali — da tempo ostaggio del conflitto — iniziano a fare i conti con una crescente incertezza normativa e doganale. Il messaggio implicito è chiaro: nel mondo di Trump, la cooperazione economica è una debolezza.

L’ombra lunga sull’economia globale
Il rischio più concreto è quello di una frammentazione irreversibile. La Cina ha già iniziato a rafforzare le alleanze regionali in Asia, mentre gli Stati Uniti spingono i partner occidentali a scegliere da che parte stare. In questo clima, ogni nuova mossa tariffaria può trasformarsi in un detonatore. Pechino non sembra intenzionata a cedere, e Trump non mostra segnali di distensione.
“Lotteremo fino alla fine”: non è solo una frase muscolare, è il segnale di un cambio di postura strategica. La Cina si prepara a resistere e a contrattaccare. E il mondo osserva, sapendo che da questa sfida potrebbe dipendere l’architettura economica del XXI secolo.

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