"Io sono cultura": creatività valore aggiunto per circa 296,9 miliardi di euro

- di: Barbara Bizzarri
 
È ormai evidente che la cultura rappresenti anche un eccezionale volano per l’economia: una filiera in cui operano soggetti privati, pubblici e del terzo settore che, nel 2023, cresce sia dal punto di vista del valore aggiunto (104,3 miliardi di euro, in aumento del +5,5% rispetto all’anno precedente e del +12,7% rispetto al 2019) che da quello dell’occupazione (1.550.068 lavoratori con una variazione del +3,2% rispetto al 2022, a fronte di un +1,8% registrato a livello nazionale). In maniera diretta o indiretta, quindi, cultura e creatività generano complessivamente un valore aggiunto per circa 296,9 miliardi di euro. A delineare questo scenario è il rapporto "Io sono cultura", giunto alla quattordicesima edizione, realizzato da Fondazione Symbola, UnioncamereCentro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo TagliacarneDeloitte con la collaborazione dell’Istituto per il Credito Sportivo e Culturale, Fondazione Fitzcarraldo, Fornasetti con il patrocinio del Ministero della Cultura e presentato oggi da Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola; Andrea Prete, presidente di Unioncamere; Alessandro Rinaldi, vice-direttore Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne; Valeria Brambilla, Socio ed Amministratore Delegato di Deloitte & Touche SpA; Beniamino Quintieri, presidente Istituto per il Credito Sportivo e Culturale.

"Io sono cultura": creatività valore aggiunto per circa 296,9 miliardi di euro

Si parla però di una filiera complessa e composita in cui si trovano ad operare quasi 284 mila imprese (in crescita del +3,1% rispetto al 2022) e più di 33 mila organizzazioni non-profit che si occupano di cultura e creatività (il 9,3% del totale delle organizzazioni attive nel settore non-profit), le quali impiegano più di 22 mila e settecento tra dipendenti, interinali ed esterni (il 2,4% del totale delle risorse umane retribuite operanti nell’intero universo del non-profit).

“La forza della nostra economia e del made in Italy - dichiara Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola - deve molto, in tutti i campi, alla cultura e alla bellezza. Più che in altri Paesi. Cultura e creatività oltre ad arricchire la nostra identità e alimentare la domanda di Italia nel mondo, possono aiutarci ad affrontare insieme, senza paura, le difficili sfide che abbiamo davanti. A partire dalla crisi climatica. L’Italia, forte dei 296,9 miliardi di valore aggiunto legati alla cultura, può essere protagonista del nuovo ‘Bauhaus’, fortemente voluto dalla Commissione Europea che nasce per rinsaldare i legami tra il mondo della cultura e della creatività e i mondi della produzione, della scienza e della tecnologia orientandoli alla transizione ecologica indicata dal Next Generation EU. Se l’Italia produce valore e lavoro puntando sulla cultura e sulla bellezza, favorisce un’economia più a misura d’uomo e, anche per questo, più competitiva e più capace di futuro come sostiene il Manifesto di Assisi. Anche da questo deriva la forza del nostro export”.

"Come Sistema camerale guardiamo da tempo con grande attenzione alla imprenditoria culturale e creativa e ai suoi collegamenti con la Pubblica Amministrazione e il Terzo Settore. Il sistema produttivo culturale e creativo, con i suoi effetti moltiplicativi arriva a rappresentare in termini di reddito prodotto una quota importante del totale dell'economia”.  Sottolinea il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, aggiungendo che “queste attività, distribuite su più settori anche molto diversi tra loro, hanno trovato un riconoscimento normativo nella Legge 206 del 27 dicembre 2023 (legge sul Made in Italy) e al pari del resto dell’economia stanno affrontando grandi trasformazioni, tra le quali spiccano quelle connesse al digitale con importanti prospettive per l’Intelligenza Artificiale generativa e le sue applicazioni sempre più verticali".

“Dal report emerge con chiarezza lo straordinario contributo della cultura italiana alla nostra economia: nel 2023 il valore aggiunto ha superato i 100 miliardi e si sono registrati oltre 1 milione e mezzo di addetti. Ma oltre agli impatti strettamente economici ed occupazionali, esistono anche gli impatti della cultura relativi ad aspetti quali competenze, diversità ed inclusione, che possiamo oggi misurare grazie a nuovi modelli di misurazione e rendicontazione della cultura - dichiara Valeria Brambilla, AD di Deloitte & Touche SpA -. Grazie alla misurazione di quanto la cultura contribuisca allo sviluppo sostenibile, come suggerito dall’UNESCO con riferimento all’Agenda 2030 dell’ONU, possiamo meglio governare e valorizzare i molteplici impatti generati dalla cultura, ben più ampi di quelli esclusivamente economici, che peraltro devono essere sistematicamente misurati anche per una migliore allocazione delle risorse private, pubbliche e del Terzo Settore. Inoltre, si tratta di impatti che contribuiscono anche ad altri settori dell’economia come il turismo e l’hospitality”.

“La filiera culturale e creativa ha raggiunto in Italia una dimensione industriale rilevante, come testimoniano i dati del Rapporto presentato oggi, e deve poter rappresentare un asse portante delle politiche di rilancio economico e sociale del nostro Paese - spiega il presidente dell’Istituto per il Credito Sportivo e Culturale, Beniamino Quintieri -. Fornire un supporto finanziario adeguato è prerequisito essenziale per consentire al settore di affrontare le sfide poste dalla digitalizzazione e attivare un cambio di passo nel ritmo degli investimenti, pubblici e privati. Attualmente i Comuni destinano solo il 28% della spesa in conto capitale alle attività culturali. Come banca pubblica per lo sviluppo sostenibile del Paese attraverso lo Sport e la Cultura, è nostro compito sostenere gli operatori del mercato con una finanza volta alla promozione di progetti ad alto impatto per i territori, rivolgendo un’attenzione particolare al Mezzogiorno, custode di un enorme patrimonio culturale da valorizzare.”

Io Sono Cultura permette di analizzare l’evoluzione della filiera in termini di produzione di ricchezza e creazione di posti di lavoro. Osservando le dinamiche della produzione nazionale dei settori culturali e creativi, continua la crescita del settore dei Software e Videogiochi, che si conferma il maggiore generatore di ricchezza della filiera con 16,7 miliardi di euro di valore aggiunto (il 16% dell’intera filiera, +10,5% rispetto al 2022) e con un incremento dei posti di lavoro di oltre 16 mila unità (il 13,1% della filiera, +8,7% rispetto al 2022). I dati dell’intero mercato digitale italiano riflettono questa tendenza, evidenziando come la componente legata al mondo business abbia puntato sulla digitalizzazione come opportunità per migliorare la propria posizione competitiva.

Il secondo comparto per ricchezza prodotta e numero di occupati è quello dell’Editoria e Stampa, con valori rispettivamente pari a 11,5 miliardi di euro (l’11,1% della filiera, +2,7% rispetto all’anno precedente) e più di 196 mila addetti (il 12,7%, +0,7%).

Le attività dell’Architettura e Design generando 8,6 miliardi di euro (l’8,2% della filiera) incrementano la ricchezza prodotta del +6,6% rispetto all’anno precedente, crescita sensibilmente più importante per le società di architettura più strutturate e di maggiori dimensioni.

Da sottolineare, inoltre, come nel campo della valorizzazione del Patrimonio storico e artistico l’occupazione, che vale il 3,7% sull’intero sistema culturale, continua a crescere (+6,9%) e a recuperare, seppur non completamente, le perdite di posti di lavoro registrate dopo il 2019.

Analizzando i dati relativi alle tipologie di contratto e alle modalità di lavoro dei dipendenti nel settore culturale e creativo, emerge una certa precarietà, seppure concentrata in specifici comparti: in termini di durata del contratto, il sistema nel suo complesso presenta una quota di lavoratori con contratto a termine del 14,7%, leggermente inferiore alla media nazionale del 16,0%. Tuttavia, in ambito cultura la percentuale sale al 15,3%, mentre è più bassa nel settore creative driven con il 13,9%. La precarietà appare più marcata nelle performing arts e arti visive (30,8%), nelle attività di valorizzazione del Patrimonio storico e artistico (23,9%) e nel settore dell'Architettura e design (20,2%). Al contrario, nel comparto di Audiovisivo e musica, i contratti a tempo determinato sono meno diffusi, con una percentuale dell'8,9%.

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