Vertice Ue: l'Italia canta vittoria ma quante trappole sul suo cammino

- di: Diego Minuti
 
L'esito del vertice di Bruxelles mi sta dando l'impressione dell'analisi che fanno gli esperti di calcio quando una partita finisce in parità. La domanda è sempre la stessa: punto perso o punto guadagnato? A guardare l'ammontare dell'accordo, Giuseppe Conte e la delegazione italiana avrebbe ragione a gridare 'vittoria' perché i soldi che arriveranno a dare nuova linfa alle nostre esangui casse sono tanti, addirittura forse un pizzico in più (ma parliamo pur sempre di miliardi) di quanto ci si aspettava.

Merito, dunque, all'opera di Conte che, mostrando anche una faccia dura, alla fine ha potuto sfruttare, a nostro favore, l'asse Berlino-Parigi, con Merkel e Macron consapevoli che, senza una intesa, l'Europa per come l'abbiamo intesa sino ad ora si poteva considerare morta e sepolta.

Quindi, una pioggia di miliardi che ora dobbiamo capire come spendere e, soprattutto, finalizzandola ad opere ed iniziative mirate che mettano il nostro Paese nella condizione di non essere nemmeno sfiorato dal dubbio di cadere negli errori del passato, quando i nostri politici gareggiavano a Bruxelles a chi faceva la ruota più bella, alla stregua di pavoni in competizione amorosa.
Al di là dei numeri, bisognerebbe mettere un po' d'attenzione per le modalità che l'Europa ha definito per la loro erogazione e, dopo, per garantirsi che gli aiuti vengano spesi nel rispetto delle modalità e delle premesse in base alle quali sono stati decisi. La prima condizione che merita attenzione riguarda i meccanismi di controllo che la Commissione avrà e che vertono sul rispetto di una serie di imprescindibili condizioni che riguardano l'attuazione di politiche verdi, della digitalizzazione che dovrà investire quante più possibili aree amministrative, oltre al rispetto delle cosiddette ''raccomandazioni''.

Che, per quanto riguarda l'Italia, concernono regime pensionistico, Giustizia, Pubblica amministrazione, Istruzione e Sanità. Ovvero, tutto.  Cosa che porta subito a chiederci se, come Paese e come classe politica, siamo pronti ad affrontare questa che non è la solita sfida, ma la madre di tutte le sfide.
Dovremo, come Paese, pensare a come utilizzare gli aiuti, ma dimostrare di saperlo fare, evitando che, così come accaduto in passato, l'Italia riesca a sprecare risorse, non utilizzandole o facendolo male. Risorse anche ingenti che che, se fatte fruttare, avrebbero aiutato aree economicamente arretrate ad accorciare il baratro che le divide dal resto del Paese.

Ai nostri governanti, quindi, è stata di fatto imposta una tempistica dell'agenda di utilizzo degli aiuti, lasciandoci margini politici strettissimi. E sì, perché alla fine, il premier dei Paesi Bassi, Rutte - che pure ha ceduto su molti dei suoi punti forti - l'ha avuta vinta su un ulteriore gradino della scala dei controlli.

Fermo restando che il giudizio (e l'ok) finale resta a Bruxelles, seppure con un voto che richiede la maggioranza qualificata. Quindi questo passaggio lascia, in via di ipotesi, ad un gruppo di Paesi che rappresentino il 35 per cento dell'intero della popolazione europea la possibilità di bloccare il processo di erogazione degli aiuti. Si parlava di ''ipotesi'' perché i cosiddetti ''frugali'' per mettersi per traverso sui progetti dell'Italia (e di tutti gli altri Paesi che intendono fruire degli aiuti) dovrebbero trovare un alleato numericamente in grado di toccare ''quota 35''.

Ma sull'ipotetico cammino dell'Italia i ''frugali'' hanno lasciato altre trappole, che sarebbe idiota sottovalutare. Una di queste riguarda le ''serie deviazioni dai target'', definizione che lascia sin troppe ambiguità interpretative e che, quindi, potrebbe consentire ai Paesi Bassi di turno di alzare il ditino per dire a Ursula von der Leyen che l'Italia non sta facendo i compiti per casa.

Insomma, almeno per quello che possiamo giudicare oggi, il fatto che tutti cantino vittoria non è una cosa strana. L'Italia riceverà (tra aiuti diretti e prestiti) il necessario per cercare di uscire dalla crisi, ma soprattutto per porre le basi per un futuro migliore; i ''frugali'' perché in qualche modo hanno ottenuto che i Paesi che riceveranno i fondi sottostiano a regole di comportamento virtuoso; Angela Merkel ed Emmanuel Macron perché sono riusciti ad imporre la loro visione dell'Europa.
Ma, come si dice alla fine delle favole, il bello comincia adesso
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