Il nucleare nuova occasione di scontro ideologico
- di: Diego Minuti
Il violento dibattito che si è scatenato intorno al nucleare (perché sia definito ''violento'' non si deve necessariamente urlare o sbraitare, bastano poche e ponderate parole) è l'ennesima conferma di come in Italia - ma anche il resto d'Europa non è che faccia diversamente - ogni questione generale diventa occasione per un dibattito sui massimi sistemi, in cui tutto viene ideologicizzato.
Tutto, lo ricordiamo per chi è rimasto un giro indietro, è nato dalle dichiarazioni del ministro Roberto Cingolani che, da titolare del dicastero della Transizione ecologica, ha detto che bisogna considerare il nucleare come una fonte energetica su cui discutere per il futuro del Paese.
Una frase assolutamente neutra, se solo fosse venuta da qualcuno che non riveste un incarico politico come quello di ministro. Invece le parole di Cingolani hanno scatenato una ridda di reazioni, alcune delle quali pacate e riflessive, altre molto di meno (media schierati compresi).
Il punto su cui è forse necessario discutere non è il nucleare - il cui utilizzo in Italia è stato bocciato da due consultazioni referendarie -, quanto il fatto che su alcuni argomenti viene calata una cortina di intangibilità, che ignora, ad esempio, i progressi della tecnologia dei quali pure tenere conto se di discute di argomenti importanti quali l'energia.
L'uscita di Cingolani, sia pure tra mille distinguo e cautele, è stata una sortita forse avventata, perché crediamo il ministro sia ben consapevole d'essere nel mirino di una ''certa stampa'' che fa da battistrada ad una ''certa politica''.
Invece Cingolani ha creduto normale dire quel che pensa e cioè che l'Italia, che resta una potenza economica, non può cancellare anche solo una ipotesi remota di attingere al nucleare, considerato che altri Paesi, non certo indietro rispetto a noi in campo ambientalista, lo stanno facendo, Con cautela e grazie ad una tecnologia di ultimissima generazioni, ma lo stanno facendo.
Apriti cielo, soprattutto perché qualche formazione politica, che riteneva di avere messo lei Cingolani in quel ministero, si è sentita tradita, quasi che avesse detto che domani sarebbe stata posta la prima pietra per una centrale nucleare. L'eco delle sue affermazioni è rimbombata immediatamente ovunque. Con reazioni abbastanza attese.
"Nel mix energetico italiano" - ha detto Francesco Starace, ad di Enel - "meno combustibili fossili ci sono e meglio stiamo tutti. Quanto più velocemente ci disfiamo della percentuale di energia che stiamo producendo da fonti fossili, tanto meglio siamo messi dal punto di vista energetico. Per fare questo è necessario accelerare gli investimenti nelle rinnovabili''. Chi invece ha plaudito alle parole di Cinfolani è stato Alberto Bombassei, presidente del gruppo Brembo, personaggio di peso nel panorama industriale del Paese. ''Questa tecnologia" - ha detto - "è molto innovativa, non è il vecchio sistema della fissione nucleare. E se, come sembra, ha un sostegno scientifico, la considero una via estremamente interessante''.
Da studiosi della ''vecchia politica'', che aveva nella collegialità il suo collante, riteniamo che Cingolani abbia sbagliato, non per avere espresso, con modestia e con tutte le riserve del caso, una sua idea, ma perché lo ha fatto toccando da solo un nervo scoperto della storia recente. A poco serve ricordare che il Giappone stia lavorando a centrali nucleari di tecnologia ultrasicura, nonostante la tragedia di Fukushima o che il nucleare in Francia ed in altri Pesi europei venga visto con laico interesse. Quello che è evidente è che allo stesso modo in cui tutto si butta in politica, allo stesso modo tutto si può buttare in caciara. Per questo non è certo sorprendente che qualcuno abbia già deciso di schierarsi con Cingolani. Come ha fatto, da Cernobbio, il segretario della Lega, Matteo Salvini, in qualche modo evocando la ''laicità'' dell'argomento rispetto agli attacchi ideologici che esso ha generato. Appare abbastanza scontato che, da qui a qualche giorno, di nucleare non si parlerà più, non perché l'interesso verso di esso sia scemato, quanto perché ci saranno altri argomenti che daranno la possibilità agli italiani di esercitarsi nella loro attività preferita: parlare, anche di argomenti che non si conoscono.