Coro di no alla proposta di Confindustria del Green pass per entrare in fabbrica

- di: Diego Minuti
 
Il Covid-19 - anche se più d'uno, purtroppo, sembra averlo dimenticato - non va in vacanza e sarebbe anche il momento che tutti se ne facciano una ragione.
Ma questo non sembra sia possibile e, in un clima da Far West delle analisi, delle proposte, degli ammonimenti e delle previsioni, i casi di Coronavirus hanno ripreso a correre, facendosi beffa della campagna vaccinale che va avanti a ritmi più che accettabili, ma che evidentemente non riesce a coprire velocemente l'intera platea di coloro che dovrebbero essere immunizzati. In questo contesto, dove tutti si sentono in diritto di dire la loro, ha fatto certamente rumore la proposta di Confindustria di vietare l'ingresso in fabbrica o in stabilimento di quei lavoratori che non hanno ancora completato l'intero ciclo vaccinale, e quindi non sono ancora considerati ''sicuri''.

In una nota di Francesca Mariotti, direttore generale dell'organizzazione degli imprenditori, Confindustria ha proposto che il meccanismo delle certificazioni che attestino l'avvenuta immunizzazione (per semplificare, il Green pass) sia attuato anche negli ambienti di lavoro, impedendo l'accesso a chi non ne è fornito.
"L'intento" - ha spiegato Mariotti - "è quello di consentire ai datori di lavoro di richiedere l'esibizione di una certificazione verde valida ai fini di regolare l'ingresso nei luoghi di lavoro e/o lo svolgimento delle mansioni lavorative dei vari soggetti".

L'istituzione di questo ''sbarramento'' non può essere certamente di matrice padronale. Per questo Confindustria (che, con l'avvento alla presidenza di Carlo Bonomi, in disarmonia con i toni felpati del passato, si è data una deriva decisionista e spesso in rotta di collisione con i sindacati - cosa normale -, ma anche con il governo) ha chiesto all'esecutivo guidato da Mario Draghi di stabilire, con una sua deliberazione, che chi non è vaccinato non può andare in un ambiente di lavoro condiviso con altri.

Una proposta che è stata subito impallinata, ed ai più alti livelli. Come quello istituzionale, con il presidente della Camera, Roberto Fico: "Non voglio forzature. Se diciamo che il vaccino è obbligatorio è una questione. Ma se non si è arrivati alla obbligatorietà e c'è un obbligo indiretto determinato dall'obbligo di Green pass per fare determinate cose, allora il dibattito deve essere chiaro all'interno del governo e del Parlamento". Come quelli sindacali, con Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, secondo il quale "I lavoratori sono cittadini e hanno i diritti e i doveri di tutti i cittadini. Confindustria, piuttosto, si preoccupi di far rispettare gli accordi contro i licenziamenti'', o con Roberto Benaglia, segretario generale della Fim Cisl, che definisce la proposta di Confindustria "una iniziativa estemporanea e fuori luogo, non possono pensare di fare da soli".

Non si sa, al momento, se la proposta di Confindustria sia stata volutamente provocatoria o conseguenza di un ragionamento approfondito.
Di certo - e non accadrà - se il governo dovesse farla propria dovrebbe modificare l'indirizzo seguito dall'esplodere della pandemia, quello di una non obbligatorietà del vaccino, limitandosi a fare paventare conseguenze a coloro che sono restii o rifiutano l'inoculazione delle dosi. Ovvero: fate come volete, ma se non vi vaccinate potrebbe accadere questo o quest'altro. Vaccinarsi o no deve essere una libera scelta, ma nella consapevolezza che lo Stato deve tutelare la salute di tutti e quindi attrezzarsi per abbassare quanto più possibile la soglia di possibile trasmissione.
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