Carmignac, Paolo Federici nel Consiglio di Amministrazione

- di: Barbara Bizzarri
 

Carmignac ha annunciato ieri la nomina di sei nuovi membri all’interno del proprio Consiglio di Amministrazione, tra cui spicca il nome di Paolo Federici, una figura di rilievo nel settore del risparmio gestito in Italia. Federici, che ha ricoperto ruoli di primo piano presso Ubs Global Wealth Management fino a febbraio 2024 e ha presieduto Ubs Fiduciaria fino ad aprile 2024, entra ora a far parte della governance di Carmignac.

Carmignac, Paolo Federici nel Consiglio di Amministrazione

Intanto Kevin Thozet, membro dell’Investment Committee di Carmignac, analizza il settore del lusso in vista della prossima stagione degli utili: dopo due anni di crescita straordinaria, negli ultimi mesi il settore dei beni di lusso si è trovato sotto pressione. I ricavi sono diminuiti e si prevede che rimangano stabili fino alla fine dell'anno. Anche i prezzi delle azioni, dopo aver raggiunto massimi storici, sono scesi in una “normalizzazione” che ha suscitato in alcuni investitori un certo timore, suscitando in loro speranze che rischiano di rivelarsi illusorie.  Anche l'ottimismo per la ripresa dei consumi cinesi si è affievolito. Lo stesso è accaduto con la speranza di una crescita indefinita dei ricavi a 3x del PIL, rispetto al (pur invidiabile) 2x del PIL. Se a ciò si aggiungono l'aumento dei costi di produzione, le costose trasformazioni digitali e l’acuirsi delle tensioni geopolitiche, il quadro che si delinea è piuttosto preoccupante.

Per gli investitori, la rapidità con cui riprenderanno le vendite sarà fondamentale. Le preoccupazioni non riguardano però solo i ricavi: anche l'EBIT conta. Una crescita al 2% o al 6% farà una grande differenza. Nel settore del lusso, i costi fissi rappresentano solitamente due terzi dei costi totali e sono in aumento. I salari reali sono in crescita, i prezzi delle materie prime sono elevati e in gran parte dell’Occidente i contratti di locazione sono indicizzati all’inflazione. Per un'azienda come Hermès, dove le vendite crescono oltre la soglia del 5%, la possibilità di ridurre l’impatto dei costi fissi è limitata, ma ciò non rappresenta una grande preoccupazione. Per i gruppi in cui le spese crescono più velocemente delle vendite, invece, la sfida è maggiore. 

Il settore del lusso è noto per tagliare le spese ai minimi del ciclo e per spendere eccessivamente ai massimi: proprio perché le vendite hanno raggiunto il picco per la maggior parte delle aziende di lusso e i margini stanno rallentando ovunque. 

A preoccupare ulteriormente gli investitori è la decisione della Francia di aumentare l’imposta sulle imprese per raggranellare 60 miliardi di euro e colmare un deficit del 6%, dato che questo aumenta il rischio diffuso di guadagni mancati per tutto il settore. Nella bozza di bilancio per il 2025, Barnier propone un aumento 'temporaneo' delle imposte sulle società, tra il 5% e il 10%, per i gruppi più grandi. E come diceva Milton Friedman, "nulla è così permanente come un programma governativo temporaneo". 

La stima è che tali misure ridurranno del 2-4% gli utili per azione dei gruppi del lusso con sede in Francia nel 2025. Senza contare i potenziali effetti negativi di un'ulteriore imposta sul reddito (Contributo Eccezionale sui Redditi Alti – CEHR) sul cosiddetto «effetto ricchezza» di coloro più inclini ad acquistare beni di lusso.

Per LVMH, spesso considerato l’archetipo del settore, si prevede una crescita dei ricavi del terzo trimestre intorno al 2,5%, trainati da pelletteria e profumi/cosmetici (principalmente negli Stati Uniti) e da un trend in miglioramento nel segmento dei vini e dei liquori, anche se ancora negativa. A prima vista, sembra tutto regolare. Ma la nostra opinione è un po' più cauta. Il ritmo della decelerazione potrebbe essere stato sottovalutato e gli investimenti (sponsorizzazione della Formula 1, Olimpiadi, sfilate di moda a sette-otto cifre) sono stati elevati proprio in un momento di picco storico dei ricavi. Lo spettro del disallineamento dei costi potrebbe riemergere. 

Kering e Burberry si trovano in una situazione simile, ma con un rallentamento dei ricavi a doppia cifra, il disallineamento dei costi potrebbe essere notevole. Eventuali tagli potrebbero essere dolorosi, in quanto peserebbero ulteriormente sulle prospettive di crescita (già negative) dei gruppi che si trovano nella fascia più bassa del settore. 

Al contrario, L'Oréal, che genera il 40% dei ricavi dal settore del lusso, è meno colpita dal disallineamento dei costi, poiché la percentuale dei costi variabili (50% dei costi totali) è più alta rispetto ad altre aziende. Sebbene il gruppo dovrebbe vedere i ricavi rallentare dalla fascia alta delle singole cifre e la crescita degli utili scendere a una fascia media o bassa delle singole cifre, ciò è in linea con il modello storico del gruppo cosmetico francese. 

Hermès, al vertice del settore, dovrebbe registrare una crescita dei ricavi del 10% ovunque, tranne che in Asia (escluso il Giappone) e in Francia. Saranno principalmente le divisioni di pelletteria e prêt-à-porter a trainare questa crescita. Contrariamente ad alcuni competitor, gli aumenti di prezzo non sono percepiti come speculativi e, di conseguenza, non hanno allontanato gli acquirenti. 

Tuttavia, nonostante le sfide, le prospettive a lungo termine sono più positive e l'inizio di un ciclo globale di riduzione dei tassi e le recenti iniziative di policy in Cina dovrebbero limitare il potenziale di ribasso. Per gli investitori disposti e in grado di guardare oltre le attuali preoccupazioni, il 2025 si prospetta come un anno interessante per il settore, trainato da diversi fattori favorevoli. In primo luogo, la domanda cinese all’estero dovrebbe riprendersi grazie all’aumento della fiducia della classe media, derivante dalle misure fiscali e dal supporto al mercato azionario (la Cina rappresenta il 25% della domanda del settore). In secondo luogo, si prevede un miglioramento della traiettoria economica negli Stati Uniti e in Europa. E, infine, il settore beneficia di una bassa elasticità del volume delle vendite rispetto alle variazioni di prezzo.

In assenza di un forte rallentamento economico, infine, nel 2025 i ricavi del settore potrebbero passare da un semplice rallentamento a una vera e propria crescita verso la normalizzazione, in uno scenario che porterebbe un impatto molto più positivo per il settore.

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