La tragedia di Rigopiano, avvenuta il 18 gennaio 2017, è una delle pagine più nere della recente storia italiana. Quella valanga, che travolse l’hotel situato in Abruzzo, portò via la vita di 29 persone, tra cui Marco Tanda, figlio di una madre che, proprio in questi giorni, si è vista recapitare un atto amministrativo che ha dell’incredibile. L’Asl di Pescara ha chiesto alla donna di pagare 40,97 euro per un intervento di soccorso che ricevette quando, straziata dalla notizia del figlio disperso, ebbe un malore mentre compilava un modulo sui segni particolari del giovane. Si fatica a comprendere come, a oltre sette anni da quella catastrofe, le macchine della burocrazia possano ancora infliggere ferite così profonde. Non bastavano i ritardi, l’inadeguata gestione dei soccorsi, la lunga catena di negligenze che hanno segnato la vicenda fin dal primo momento e non bastava nemmeno la sentenza vergogna conclusasi con 25 assoluzioni. Ora, la richiesta di pagamento alla madre di una delle vittime sembra essere la beffarda ciliegina su una torta già amara, simbolo di un apparato amministrativo insensibile e distante.
Il racconto della famiglia rende la situazione ancora più struggente. “Mia madre aveva gli occhi lucidi, le tremava la mano”, ha dichiarato Gianluca Tanda, fratello di Marco, spiegando l’effetto devastante di quella raccomandata. Non è solo il richiamo al dolore a suscitare indignazione, ma la fredda arroganza con cui si perpetuano queste richieste. È una nuova ferita aperta che costringe la famiglia a rivivere il trauma, in una sorta di rinnovata ingiustizia. Dopo la diffusione della notizia, il direttore generale della Asl di Pescara, Vero Michitelli, ha provato a spegnere le fiamme della polemica con un atto personale: scusarsi e promettere di pagare la somma di tasca propria. Ma questo gesto, pur umano, risulta insufficiente. Pagare quell’importo, infatti, non è un atto di giustizia; è una resa alla burocrazia più cieca e ottusa, un’ammissione implicita che le regole, anche se disumane, si applicano senza discernimento. Una burocrazia, quella italiana, che ancora una volta si dimostra “forte con i deboli e debole con i forti”. Chi pagherà per le mancanze nella gestione dei soccorsi e le responsabilità che hanno portato a quella tragedia? Sicuramente non i colpevoli delle inefficienze, ma una madre a cui viene chiesto di saldare un conto per l’assistenza ricevuta mentre si spezzava sotto il peso di un dolore inimmaginabile.
Questo episodio è molto più che una svista amministrativa: è un affronto alla memoria delle vittime e alle loro famiglie. È il simbolo di un sistema incapace di empatia, pronto a dimenticare le lezioni del passato e a perpetuare assurdità che appaiono grottesche nella loro freddezza. Rigopiano è stata, dall’inizio alla fine, una storia di errori, lentezze e ingiustizie. E questa richiesta di pagamento è l’ennesima dimostrazione che il sistema non ha imparato nulla, continuando a colpire chi in quella tragedia ha già perso tutto.