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Bruxelles, l’immunità salva Ilaria Salis. Il Ppe spacca il fronte e Orbán insorge

- di: Redazione
 
Bruxelles, l’immunità salva Ilaria Salis. Il Ppe spacca il fronte e Orbán insorge

La linea di confine è stata tracciata con un voto di scarto. A Bruxelles, nella Commissione Affari giuridici dell’Eurocamera, l’immunità di Ilaria Salis ha retto all’assalto ungherese: tredici voti a favore, dodici contrari. Due deputati del Partito popolare europeo hanno rotto le consegne, scegliendo di stare con la sinistra, e così la revoca chiesta da Budapest è stata respinta. Una decisione che scuote gli equilibri politici e che, a meno di due settimane dal voto definitivo in plenaria, si carica di significati simbolici oltre che giuridici.

Bruxelles, l’immunità salva Ilaria Salis. Il Ppe spacca il fronte e Orbán insorge

Per l’eurodeputata eletta con Alleanza Verdi Sinistra, il verdetto non è solo un atto di procedura parlamentare. È un segnale politico. “Difendere la mia immunità – ha spiegato – non significa sottrarmi alla giustizia, ma proteggermi dalla persecuzione di Orbán”. Salis è accusata in Ungheria di aver partecipato all’aggressione di militanti neonazisti a Budapest, prima di diventare parlamentare europea. E da tempo denuncia un clima di ostilità orchestrato dal governo ungherese contro di lei. Ora il voto della commissione le consente di tirare il fiato, in attesa della partita decisiva di Strasburgo.

Il margine sottile dei numeri
L’esito, risicato, racconta molto delle tensioni interne all’Eurocamera. A favore della difesa dell’immunità si sono schierati Sinistra, socialisti, verdi e liberali, con undici voti disponibili. Le destre – tra Patrioti, Sovranisti ed Ecr – hanno sostenuto la revoca, contando su sette seggi. Il Ppe, spaccato, disponeva di altri sette voti: due di questi hanno fatto pendere l’ago della bilancia dalla parte di Salis. Un segnale che preoccupa il gruppo popolare, stretto fra le pressioni interne e l’ombra di un accordo tattico con i socialisti, pronto a emergere in vista della plenaria.

Orbán e la sfida allo stato di diritto
Dal lato ungherese, la lettura è opposta. Per il governo di Viktor Orbán, il voto è la prova di un’Europa schierata a difesa di un’eurodeputata che, secondo la loro ricostruzione, non era protetta da alcuna immunità al momento dei fatti contestati. La relazione firmata dal popolare spagnolo Adrián Vázquez Lázara accoglieva infatti le tesi di Budapest, escludendo l’ipotesi di persecuzione politica. Ma la commissione non ha seguito la sua linea, aprendo un nuovo fronte di scontro tra Bruxelles e un esecutivo già nel mirino per le violazioni dello stato di diritto.

Roma osserva, con prudenza
In Italia, la vicenda si intreccia con il dibattito politico interno. Salis insiste perché siano le autorità italiane a processarla, qualora ci fossero elementi, sottraendola così alla giustizia ungherese. Una posizione che trova ascolto in parte dell’opposizione, mentre il governo Meloni mantiene un profilo più basso, consapevole che ogni parola rischia di pesare nei rapporti con Budapest, già complicati dalle tensioni sul Pnrr e sul bilancio europeo.

La plenaria di ottobre, snodo decisivo
Il voto della commissione non è vincolante. Spetterà alla plenaria dell’Eurocamera, convocata a Strasburgo il 7 ottobre, decidere se confermare o ribaltare l’indicazione. La modalità sarà l’alzata di mano, ma resta aperta la possibilità che, in caso di incertezza, si passi al voto elettronico o addirittura segreto. In quel caso, le dinamiche interne ai gruppi politici potrebbero cambiare radicalmente. L’esito, in altre parole, resta appeso a un filo.

Uno scenario più ampio
Il caso Salis si inserisce in un contesto più ampio: la stessa commissione deve esprimersi anche sulla revoca dell’immunità di altri due deputati ungheresi, il popolare Péter Magyar e la socialista Klára Dobrev, entrambi accusati di reati minori. Un pacchetto che alimenta i sospetti di intese trasversali tra Ppe e socialisti per proteggere i propri membri. Sullo sfondo, il tema resta lo stesso: quanto margine di autonomia ha l’Unione nel difendere lo stato di diritto dentro i propri confini.

L’Europa che si guarda allo specchio
Il caso Salis non è dunque una vicenda individuale. È il riflesso di un’Europa divisa fra la volontà di difendere i propri principi e la necessità di tenere insieme una maggioranza politica fragile. La giovane deputata italiana diventa così il simbolo di un braccio di ferro che va oltre la sua storia personale. Il voto del 7 ottobre dirà se prevarrà la tutela dell’immunità parlamentare come garanzia politica, o se peserà la linea dura di chi vuole piegare le istituzioni europee a una logica di potere nazionale.

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