A Rio de Janeiro il vertice lanciato da Lula rilancia il blocco come alternativa globale: commercio equo, terre rare e sviluppo verde contro l’unilateralismo americano. Proposta una banca comune per finanziarie il futuro.
Lula rilancia il multilateralismo: “Basta protezionismi, costruiamo un nuovo ordine”
A Rio de Janeiro, dove il 6 luglio si è aperto il vertice dei Brics allargati, il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha vestito i panni di leader globale. Di fronte a una platea che rappresenta oggi oltre il 45% della popolazione mondiale e più del 30% del Pil globale, Lula ha lanciato un messaggio inequivocabile: “Di fronte al ritorno del protezionismo, ai dazi arbitrari e alle aggressioni unilaterali, dobbiamo difendere insieme il commercio multilaterale e riformare l’architettura finanziaria globale”.
Il Brasile, ha sottolineato Lula, “ha scambiato beni per 210 miliardi di dollari con i Paesi Brics nel 2024, più del doppio rispetto all’Unione Europea”. Non è solo una questione di numeri. È una visione del mondo diversa: meno vincolata ai diktat di Washington, più inclusiva e sostenibile.
Dazi e ambiente, il doppio affondo contro l’Occidente
Nella bozza della dichiarazione finale del vertice, i Brics esprimono “serie preoccupazioni per l’aumento di misure tariffarie e non tariffarie unilaterali che distorcono il commercio”. Senza citare direttamente Donald Trump, il riferimento è chiaro: la guerra dei dazi riaccesa dalla Casa Bianca contro Cina, India e altri Paesi, ma anche l’uso “strumentale” dell’ambiente da parte dell’Europa.
Sotto tiro c’è la legge anti-deforestazione dell’UE, che vieta l’importazione di prodotti legati alla deforestazione. Per Lula, è una misura ipocrita e punitiva: “Non si può colpire l’agroindustria dei Paesi tropicali in nome di standard ambientali decisi altrove”, ha detto.
Terre rare, energia e manifattura: un nuovo polo industriale Sud-Sud
Il blocco non si limita a difendere: rilancia. E lo fa con una proposta dirompente: creare una catena di approvvigionamento globale alternativa, integrata tra i Paesi del Sud del mondo, attorno alle risorse strategiche per la transizione energetica.
“I Brics detengono l’84% delle riserve mondiali di terre rare, il 66% del manganese e il 63% della grafite. Non vogliamo più limitarci all’estrazione. Puntiamo a trasformare queste risorse, creare industria, lavoro qualificato e tecnologia”, ha affermato Lula. “Il Brasile ha energia pulita, manodopera formata e regole chiare: siamo pronti a guidare la produzione sostenibile globale”.
Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, la domanda di minerali critici triplicherà entro il 2040. I Brics, coordinando investimenti pubblici e privati, vogliono diventare il nuovo baricentro della manifattura verde mondiale.
Condanna all’attacco contro l’Iran: diplomazia senza ambiguità
La vera mina diplomatica è arrivata dall’Iran. Membro dal 2024 del club allargato, Teheran ha preteso una ferma condanna dei bombardamenti americani e israeliani del 13 giugno.
Nella bozza finale, i Brics condannano gli attacchi “come violazione del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite”, evitando però riferimenti espliciti a Israele o agli Stati Uniti. Dopo ore di negoziati, i toni più duri richiesti da Teheran sono stati smussati, ma il messaggio resta forte: il blocco non intende restare neutrale.
“Condanniamo gli attacchi contro l’Iran come azioni unilaterali che compromettono la stabilità regionale e violano le risoluzioni dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica”, si legge nel documento finale.
Chi c’è e chi manca: assenze pesanti, ma messaggio forte
Nonostante l’ambizione globale del summit, le assenze di Vladimir Putin, Xi Jinping e Masoud Pezeshkian hanno indebolito l’immagine di compattezza. Tuttavia, l’organizzazione ha mostrato una tenuta politica superiore alle attese.
Presenti invece, oltre a Lula, i capi di Stato di Sudafrica, India, Indonesia, Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed Etiopia. Una mappa geopolitica che va oltre le vecchie categorie della cooperazione Sud-Sud: qui si delinea un vero polo di potere.
Una banca comune per finanziare il futuro?
Altro tema caldo è quello della riforma dell’architettura finanziaria globale. Già con la Nuova Banca di Sviluppo (NDB), i Brics avevano indicato una via autonoma rispetto a FMI e Banca Mondiale. Ora si torna a parlare di valuta comune e fondo di stabilizzazione monetaria.
Lula ha insistito sulla necessità di “rimuovere la dipendenza dal dollaro” per gli scambi tra Paesi emergenti e finanziare progetti infrastrutturali con criteri alternativi.
Il punto politico: l’anti-Trump globale parla portoghese
In un mondo che torna ai blocchi contrapposti, il fronte costruito attorno a Lula parla una lingua diversa da quella dei G7. Non è un’alleanza ideologica, ma una coalizione di interessi comuni: commercio più equo, accesso alle risorse, rispetto della sovranità.
Il presidente brasiliano emerge come unico statista del Sud globale in grado di giocare sul piano internazionale, con una leadership pragmatica e multilaterale.
Nel mezzo della guerra commerciale rilanciata dagli Stati Uniti di Trump, del caos in Medio Oriente e della crisi climatica, i Brics si propongono come piattaforma di ordine alternativo. Il messaggio è chiaro: il Sud globale è protagonista, non periferia. E Lula è il suo portavoce più efficace.