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Banche, chi tiene le redini del risiko? Il gioco duro (e miliardario) tra Siena, Milano e Francoforte

- di: Bruno Coletta
 
Banche, chi tiene le redini del risiko? Il gioco duro (e miliardario) tra Siena, Milano e Francoforte
Mps all’assalto di Mediobanca, Unicredit spinge su Commerzbank, Crédit Agricole affonda il colpo su Bpm: poteri pubblici e privati muovono pedine, ma chi vince davvero?
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Mediobanca come una preda contesa. Monte dei Paschi che, da ex malato grave, si scopre cacciatore. Unicredit che guarda alla Germania con l’ambizione di un imperatore romano. E Crédit Agricole che si muove nell’ombra, ma affila le unghie. Altro che risiko: qui è una vera partita di potere, dove non ci sono alleanze stabili, solo convergenze di interesse. E il governo? A tratti regista, a tratti spettatore. Ma con il golden power in tasca e la tentazione di usarlo solo quando il vento politico lo suggerisce.
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Il via libera di Roma: silenzio assenso o strategia d’alta scuola?
La notizia è arrivata con toni sobri, ma il significato è esplosivo. Il governo Meloni ha deciso di non esercitare il golden power sull’offerta pubblica di scambio lanciata da Mps su Mediobanca. Una scelta formale, certo. Ma anche un chiaro segnale: via libera all’operazione, nessuna interferenza per ora, e soprattutto nessuna paura di scompigliare gli equilibri storici tra Mediobanca, Generali e l’establishment finanziario.
Un passaggio che non sorprende solo per il contenuto, ma per il tempismo. Secondo quanto rivelato da fonti vicine alla Presidenza del Consiglio, il verdetto è arrivato all’unanimità. Un dettaglio che lascia intendere che dietro le quinte ci sia stato un lavoro di tessitura politica. Del resto, la partita non riguarda solo Mediobanca, ma anche il controllo indiretto delle Generali, cuore dell’assicurazione italiana, sempre più terreno di scontro tra interessi pubblici e privati.
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Orcel avanza su Commerzbank. Berlino storce il naso, ma cede
Altro capitolo, altro Paese. In Germania, Unicredit ha ottenuto il semaforo verde dell’Antitrust per salire fino al 29,9% di Commerzbank, in una mossa che potrebbe cambiare il volto del settore bancario europeo. “La presenza di concorrenti attivi in tutti i settori rende l’operazione compatibile col mercato”, ha dichiarato Andreas Mundt, capo del Bundeskartellamt.
Ma il governo tedesco non l’ha presa bene. Secondo un portavoce del Ministero delle Finanze, Berlino resta “contraria a operazioni non concordate e ostili”. La sfida è appena iniziata. E Andrea Orcel, il banchiere romano trapiantato a Londra, fiuta l’occasione: diventare il perno di un nuovo asse bancario paneuropeo, in grado di competere con i colossi francesi e statunitensi.
In Italia, intanto, Unicredit continua a giocare su più tavoli: la partecipazione al 5% in Generali potrebbe rivelarsi decisiva nell’assemblea del 24 aprile, dove il governo osserverà con attenzione quale direzione prenderanno i voti della banca.
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Bpm contesa tra Parigi, Roma e... se stessa
Se Siena e Francoforte danno spettacolo, anche Banco Bpm è tutt’altro che fuori gioco. Il colosso francese Crédit Agricole ha convertito una serie di derivati portandosi al 19,8% del capitale, diventando di fatto il primo azionista. Una mossa che complica la vita a Unicredit, che non ha mai nascosto di voler fare di Bpm la base del suo “polo bancario tricolore”.
Il Cda di Bpm, convocato per il 15 aprile, dovrà decidere se appoggiare o meno l’aumento di capitale di Mps, suo partner con una quota del 9%. Una decisione che potrebbe rivelarsi dirimente: aiutare un concorrente diretto per ottenere, in cambio, margini di manovra qualora l’ops di Unicredit fallisse.
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Lovaglio punta in alto. E il governo osserva (per ora)
Il Ceo di Mps, Luigi Lovaglio, continua a raccogliere consensi. “Vogliamo fare una cosa diversa, una cosa che ci fa sognare, diventare grandi”, ha dichiarato, sottolineando che “la differenza rispetto a Mediobanca è il vero valore aggiunto”.
Alle sue spalle si muove una coalizione articolata: dal Mef alle Fondazioni, da Enpam ad Algebris, fino a Pimco e Norges Bank, il fronte favorevole potrebbe superare il 50% del capitale. Obiettivo: ottenere i due terzi necessari per approvare l’operazione. A meno che – e qui il governo potrebbe tornare in campo – non vengano poste nuove condizioni sul tavolo del golden power per tutelare “interessi strategici”.
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Palenzona e l’appello alla pace che nessuno vuole ascoltare
Nel frattempo, una voce dal passato si è fatta sentire. Fabrizio Palenzona, uno dei grandi vecchi della finanza italiana, ha chiesto pubblicamente ad Alberto Nagel, Ceo di Mediobanca, di sedersi al tavolo con i rivali per raggiungere una soluzione condivisa. “Questo scontro non avrà vincitori”, ha ammonito.
Un appello che, al momento, è caduto nel vuoto. La partita è troppo ricca per chiudersi con una stretta di mano. E la posta in gioco, oggi più che mai, non è solo il controllo di banche o assicurazioni, ma la ridefinizione del capitalismo italiano nel nuovo scacchiere europeo.
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Il risiko è solo una metafora
Il risiko è solo una metafora. Qui si gioca una partita vera, con denaro, potere e controllo. E il tabellone è l’Europa intera. I prossimi turni si giocheranno tra Roma, Milano, Francoforte e Parigi. E a vincere sarà chi saprà muovere le pedine senza mai mostrare tutte le carte.

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