L'Antitrust sferza gli influencer per il loro rapporto commerciale con i marchi

- di: Diego Minuti
 
L'avvio, da parte dell'Antitrust, di una istruttoria sui meccanismi grazie ai quali alcune aziende ''spingono'' verso i loro prodotti grazie al ricorso a consigli elargiti da cosiddetti influencer potrebbe mettere ordine in un settore che, ormai, non avendo regole, è terreno per pratiche commerciali spesso scorrette, agendo sull'appeal di chi promuove e non più sulla qualità di ciò che è promosso.

L'Antitrust deve vegliare sul rispetto delle regole, se esistono e, quindi, laddove si possa ipotizzare che di esse ci sia stata una violazione. Ma il campo di cui parliamo è talmente indefinito che è ben difficile trovare le leve su cui poggiare un'azione sanzionatoria. Il caso di cui oggi l'Antitrust ha annunciato un'istruttoria potrebbe, quindi, costituire un primo passo verso la regolamentazione di un campo - quello del commercio che si sostiene attraverso testimonial che, appunto perché tali, elargiscono i loro consigli a pagamento - in cui l'accesso è libero consentendo di accedervi a tutti coloro che si ritengono potenziali portatori di un messaggio. Il che, di per sé e intuibilmente, pone un grosso interrogativo sulla qualità di chi ritiene di potere dire cosa comprare o, come pare di capire dalla notizia dell'ultima istruttoria dell'Antitrust, di propalare un messaggio pubblicitario sotto forma di un invito a partecipare a qualcosa che possa dare qualche secondo di effimera notorietà.

Confesso (questione di generazione) di non comprendere molto la logica che presiede alla funzione sociale e commerciale degli influencer, che comunque rispetto se, alla base del loro lavoro (perché di lavoro stiamo parlando: nessuno, ad eccezione di Francesco d'Assisi, ha fatto qualcosa senza un obiettivo concreto), ci siano la competenza, la preparazione per affrontare determinati argomenti e, quindi, la consapevolezza di potere condizionare le scelte, e quindi la vita, anche solo di un loro follower (si chiamano così, vero?). Una responsabilità di cui molti di questi operatori non si rendono conto, forse ritenendo la rete è qualcosa che, se ti autoreferenzia, contestualmente ti solleva da qualsiasi obbligo.

Non è così, anche se bisogna rendersi conto che questo fenomeno sta creando una categoria che, difficile da definire in contenuti e quindi anche in attori, alimenta un sottobosco di personaggi di difficile definizione. Se, per dirla come Goya, il sonno della ragione genera mostri, il lassismo che le nostre autorità regolatrici hanno messo in mostra verso questo strano universo, ha determinato l'affermarsi di una figura che, sfuggendo ad una qualificazione anche giuridica o normata, rifugge anche dal rispetto delle regole che valgono per il resto della gente.
Occorre, a questo punto, leggere con attenzione un passaggio del comunicato dove, riferendosi agli influencer, parla di persone ''legate da un rapporto commerciale'' con una azienda del settore del tabacco. Persone che, invitando di fatto i loro follower a partecipare ad una campagna pubblicitaria, per promuovere ''la visibilità di un dispositivo'' (una sigaretta elettronica) , lo fanno ''coerentemente" - è questo il punto - "al rapporto commerciale che lega gli influencer al titolare del marchio''. Tutto questo senza che "l'effetto pubblicitario ottenuto dai professionisti - e derivante dai tag al marchio e dagli hashtag - non è tuttavia riconoscibile nella sua natura commerciale nonché sono presenti avvertenze grafiche o testuali che consentano di identificarne la finalità promozionale''.

Ovvero, se abbiamo capito tutto, un caso scolastico di pubblicità nascosta o, peggio, ingannevole, dal momento che i follower che seguono i ''consigli disinteressati'' diventano essi stessi e inconsapevolmente parte della macchina pubblicitaria. Dice più avanti la comunicazione dell'Antitrust che il suo intervento ''punta a colpire le comunicazioni apparentemente neutrali e disinteressate, ma in realtà strumentali a promuovere un prodotto e, come tali, in grado di influenzare le scelte del consumatore''.
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