Il settore Retail ha un peso economico e sociale per il Paese largamente più alto di quanto non venga percepito. Se la Distribuzione alimentare e non alimentare fosse un unico settore, sarebbe
il 1˚ settore economico per fatturato, Valore Aggiunto, numero di imprese, occupati e investimenti su
99 settori censiti.
A livello aggregato (includendo sia la componente alimentare che non alimentare), il settore genera
542 miliardi di Euro di fatturato (12% del totale dell’industria e dei servizi in Italia) e
86,3 miliardi di Euro di Valore Aggiunto (6% del totale italiano), con
9,8 miliardi di Euro di investimenti (10% del totale italiano) e
2,3 milioni di occupati (10% degli occupati in Italia) e ha rappresentato un motore di crescita e modernizzazione importante negli ultimi anni.
Oggi il settore della Distribuzione non alimentare si trova in un momento estremamente critico,
essendo uno dei settori più colpiti dall’attuale emergenza COVID-19 e dalle misure di distanziamento sociale. Lo studio “Quali impatti dell’emergenza COVID-19 sul settore della Distribuzione in Italia” realizzato da The European House – Ambrosetti con Federdistribuzione (giugno 2020), stima un impatto sui ricavi totali del settore della Distribuzione nel 2020 da un minimo di
-20,5% ad un massimo di
-28,2%. Sono particolarmente negative le previsioni dei ricavi delle imprese della Distribuzione non alimentare (con un massimo di oltre -40%).
Lo studio mette in evidenza che la contrazione dei ricavi del settore della Distribuzione potrebbe avere impatti occupazionali rilevanti, soprattutto nel settore della Distribuzione non alimentare,
con una quota di occupati a rischio tra
il 15% e il 27%. Poiché
più del 60% degli occupati del settore della Distribuzione è donna, saranno proprio le donne a subire un impatto maggiore: siamo sicuri di potercelo permettere in un Paese che è già al penultimo posto in Europa per tasso di occupazione femminile (53,8%)?
Ma quanto tempo sarà necessario per ritornare ai livelli pre-crisi?
Secondo le stime di The European House – Ambrosetti, il settore
della Distribuzione non alimentare impiegherà da un
minimo di
6 ad un massimo di 8,5 anni nei sotto-comparti più colpiti per
tornare ai livelli di consumi e ricavi pre-crisi. Il settore della Distribuzione alimentare, meno colpito, impiegherà invece
fino a un
massimo di 1,5 anni.
Nonostante non vi sia una stima univoca per il calo delle attività
italiane per il 2020, vi è tuttavia consenso tra i principali Istituti che l’impatto sulle attività economiche sarà rilevante e negativo.
L’approccio metodologico “Toolkit per la resilienza” di European
House – Ambrosetti ha previsto una contrazione pari a
-10,8%
per il PIL del Paese per il 2020. Se tali stime dovessero concretizzarsi a consuntivo,
il 2020 sarebbe il terzo anno peggiore da
oltre 150 anni.
Se l’Italia vuole tornare a crescere, deve preoccuparsi di sostenere i consumi, che rappresentano il 60% del Prodotto Interno
Lordo. Gli investimenti sono stagnanti da tempo e rischiano
di subire un ulteriore rallentamento a causa dell’emergenza
COVID-19, mentre la bilancia commerciale era in crescita nel
pre-COVID (incide il 3% del PIL) ma subirà un arresto a seguito
della crisi attuale:
senza far ripartire i consumi, alimentari
e non alimentari, è molto difficile che il Paese torni a
crescere.
Per questo motivo, è quanto mai urgente includere il settore
della Distribuzione nel dibattito sulle priorità per la ripartenza
economica e sociale del Paese. Come sottolineato dallo studio,
c’è urgente bisogno di una politica attiva del “FARE”. Sono state
identificate tre “lampadine” per illuminare il futuro del Paese:
le condizioni di contesto che non possono mancare (
Favorire
e sbloccare gli investimenti pubblici e infrastrutturali,
Accelerare lo sviluppo digitale e sostenibile,
Ridurre drasticamente il
peso della burocrazia,
Esplicitare l’importanza della scuola e
dell’università e investire per il suo rilancio), il rilancio degli
investimenti (Favorire finanziamenti agevolati a lungo termine, Assicurare sostegno dal breve al lungo termine anche per
le grandi imprese, Ribaltare il paradigma verso uno sviluppo
sostenibile e Esplicitare la centralità degli investimenti per accelerare la crescita) e
il rilancio dei consumi (
Favorire la crescita
dell’occupazione,
Alimentare in modo sostenibile il reddito del le famiglie,
Rafforzare i meccanismi di incentivi fiscali e
Estendere strumenti alternativi di incentivo alla spesa). Occorre non
solo “FARE”, ma “FARE” presto.