Sciopero alla Amazon: sotto accusa anche i pesantissimi carichi di lavoro

- di: Diego Minuti
 
Lo sciopero che oggi attuano i lavoratori di Amazon Italia (novemila) e quelli dell'indotto legato al colosso americano dell'e commerce (circa 31 mila) non è solo, come pure potrebbe sembrare, un'azione per rivendicare miglioramenti delle condizioni di lavoro o della retribuzione.
È, piuttosto, una messa in stato d'accusa di un modello che riesce a massimizzare i proventi, ma solo abbattendo i livelli minimi di sopportabilità delle condizioni di lavoro. Amazon, che macina quotidianamente guadagni stratosferici (solo in Italia consegna un milione di pacchi al giorno), raggiunge i suoi obiettivi, qui come nel resto del mondo dove svolge la sua redditizia attività, pretendendo dai suoi dipendenti diretti grandi sacrifici sul lavoro e mettendo i driver sotto una evidente pressione per elevare i numeri, in termine di plichi recapitati.

Le rappresentanze sindacali hanno elaborato una piattaforma di rivendicazioni che, in altre aziende , sarebbero solo un primo step di una trattativa più complessa, ma che per Amazon e la sua filosofia imprenditoriale appaiono quasi come traguardi difficili da conseguire. Perché se le organizzazioni che rappresentano i lavoratori chiedono una verifica "umana" dei carichi e dei ritmi di lavoro, sollecitano anche il rispetto delle norme che regolano l'inquadramento professionale del personale. Tra le altre richieste c'è anche quella di una riduzione degli orari di lavoro previsti per i driver, così come una indennità che tenga conto dei pericoli ai quali si viene esposti in periodo di pandemia.

Quindi, Amazon si trova ora a dovere prendere atto che la sua impetuosa crescita, nel panorama italiano del commercio elettronico, non può essere conseguenza di una politica del lavoro che non tenga conto delle istanze di tutta la sua filiera, nessuna componente esclusa. Tanto che lo sciopero di oggi è stato accompagnato dalla richiesta rivolta all'utenza di Amazon di astenersi oggi da qualsiasi acquisto, per "colpire" la società laddove fa più male, la tasca.
Se l'azienda mostra, almeno a parole, ampia disponibilità a dialogare con le rappresentanze sindacali, queste ultime le addebitano di non volersi sedere ad un tavolo di trattativa degno di tale nome, proseguendo in una politica di rapporti improntata a totale disinteresse verso le istanze dei lavoratori.
Dalla azienda, quando ormai il confronto è arrivato ad un punto di quasi rottura, si ribadisce il rispetto del "diritto dei nostri dipendenti a formare o aderire a un sindacato senza timore di ritorsione, intimidazione o persecuzione", quasi che si potesse fare il contrario almeno in Italia.

"In Amazon" - è scritto ancora nella nota - "crediamo fortemente nel valore del confronto con i nostri dipendenti. Il loro coinvolgimento diretto è una parte integrante della nostra cultura aziendale e funziona. Infatti offriamo già salari competitivi, benefit e ottime opportunità di crescita professionale, il tutto all’interno di un ambiente di lavoro sicuro e moderno". Ci sarebbe quindi da chiedersi, alla luce delle affermazioni dell'azienda, se i sindacati di Amazon non siano totalmente impazziti perché vivendo, in termini di ambiente di lavoro, del paradiso in terra, perché mai stiano scioperando. Ed a questo punto è quasi un obbligo ricordare come, secondo una indagine di Bloomberg, laddove, nelle aree più ricche degli Stati Uniti, Amazon installa un suo stabilimento la paga media oraria scende in modo sensibile (a Robbinsville, New Jersey, è passata da 24 dollari a 17,5).
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