Afghanistan: Biden è solo l'ultimo colpevole
- di: Diego Minuti
Il dramma che, agli occhi dell'Occidente, sta vivendo l'Afghanistan (che, nel suo sistema di potere, centrale e locali, ha visto iniettati miliardi di dollari, nella speranza di portarlo nel novero di quelli realmente democratici) scuote tutti, anche se era abbastanza prevedibile che alla fine i taliban sarebbero tornati laddove erano stati scacciati.
La situazione che si è determinata, quindi, non era certamente inattesa.
Temuta, ma non inattesa, se è vero che, col passare delle ore, filtrano sempre più indiscrezioni sul fatto che molti funzionari dell'ambasciata americana a Kabul avevano segnalato come imminente quel che è poi accaduto, con un esercito afghano armato ed addestrato dagli occidentali che si sarebbe liquefatto davanti al nemico e un governo di fatto già con le valige in mano, pronto a raggiungere Paesi dove forse aveva da tempo costituito un consistente ''fondo pensioni''. Un allarme che poteva essere raccolto, magari facendo cambiare la strategia che si è tradotto in una fuga che è difficile non definire come mortificante.
I filmati e le testimonianze però non raccontano tutto, celando dietro l'orrore per le scene di violenza e terrore una buona dose di ipocrisia. Quasi che la caduta di Kabul sia arrivata come un fulmine a ciel sereno, quando invece tutto lasciava pensare che, alle prime avvisaglie dell'offensiva degli studenti coranici (chissà quanti di loro hanno realmente frequentato una madrassa...), il regime posticcio di Ashraf Ghani sarebbe evaporato.
Oggi, con paragoni che si possono fare, ma solo per la crudeltà delle immagini, tutti paragonano la fuga degli americani da Saigon a quella da Kabul, mettendo però sullo stesso piano eventi bellici totalmente differenti, pure se accomunati dalla ferocia.
Pochi oggi sottolineano che la scelta di Biden di lasciare fisicamente l'Afghanistan, tanto vituperata dai media americani conservatori, ma anche da buona parte di quelli liberal, non è stata solo conseguenza degli accordi avviati dal suo predecessore Trump forse con troppa superficialità, tanto da non pretendere garanzie degne di tale nome sul futuro del Paese.
Si potrebbe dire che Trump ha tracciato per fini elettorali una strada che Biden ha deciso di non disconoscere, anzi accelerando le procedure. E' stato questo il suo principale errore, quello di non avere minacciato, al primo manifestarsi dello scenario di oggi, di fermare tutto e di volere ridiscutere gli accordi. Sarebbe stata una manovra diplomaticamente censurabile (pacta sun servanda, diceva Ulpiano) , ma avrebbe dato di Biden un'immagine decisionista che attualmente gli manca se pensiamo all'accezione comune della definizione. Nel senso che ha deciso, ma non come la gente la pensa oggi, dopo avere visto la cronaca filmata della fuga a stelle e strisce.
Ma forse bisogna guardare la cosa anche dal fronte domestico americano, perché - anche se il ruolo di sentinella mondiale della democrazia sembra ancora calzare a pennello a Washington - gli americani cominciano ad essere stufi di sapere i loro ragazzi in giro per il mondo a rischiare la vita per portare la ''civiltà'' laddove essa, nell'ottica statunitense, viene vista come il diavolo.
Lontani i tempi degli aerei cargo in arrivo dal Sud-Est asiatico che aprivano i loro portelloni mostrando file lunghissime di bare avvolte nella bandiera a stelle e strisce, oggi gli americani - vent'anni dopo gli attacchi del settembre 2001 timbrati da al Qaeda - accettano male di sapere che, in luoghi remoti, ci siano loro soldati che muoiono per guerre che non siano ai narcotrafficanti, i veri nemici del Paese.
Ma sono cose che sono lente da metabolizzare e Joe Biden dovrà essere attento a parole e pause quando si tratterà di spiegare, nel tempo, il perché delle sue strategie e del suo proseguire nel solco della politica di Trump. Tutti e due hanno detto di volere riportare a casa i loro ragazzi, ma è toccato a Biden farlo. E questo una certa America non glielo perdonerà mai. Come sta facendo una certa Europa.