L’Italia ha liberato l'iraniano Abedini: scambio per la giornalista Sala?

- di: Bruno Coletta
 
Il rilascio dell’ingegnere iraniano Mohammad Abedini Najafabadi, detenuto in Italia su richiesta degli Stati Uniti, ha sollevato interrogativi su un possibile legame con la recente liberazione della giornalista italiana Cecilia Sala, detenuta in Iran fino a pochi giorni fa. Mentre le autorità italiane e iraniane negano ufficialmente un collegamento, le tempistiche e le dinamiche di entrambe le liberazioni suggeriscono una possibile trattativa indiretta.

La scarcerazione di Abedini
Abedini, 38 anni, era stato arrestato il 16 dicembre 2024 all’aeroporto di Milano Malpensa, in seguito a un mandato statunitense. Le autorità lo accusavano di aver fornito tecnologia per droni all’Iran in violazione delle sanzioni internazionali. Tuttavia, il ministro della Giustizia italiano Carlo Nordio ha richiesto la revoca del suo arresto, spiegando che le accuse mosse dagli Stati Uniti non configuravano un reato secondo la legislazione italiana.
La liberazione è avvenuta il 12 gennaio 2025, poche ore dopo il deposito ufficiale della richiesta di revoca alla Corte d’Appello di Milano. Fonti vicine al Ministero della Giustizia hanno dichiarato: “Non c’erano prove concrete per trattenere il cittadino iraniano”.

La liberazione di Cecilia Sala
Solo quattro giorni prima, l’8 gennaio, Cecilia Sala, trattenuta in Iran dal 19 dicembre 2024 per presunte violazioni delle leggi locali, era stata liberata. La giornalista, collaboratrice di diverse testate internazionali, si trovava nel Paese per realizzare un reportage sulla situazione dei diritti umani.
Il governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, ha lavorato incessantemente per il rilascio della reporter. “La diplomazia ha vinto. Cecilia Sala è tornata a casa sana e salva,” Aveva dichiarato il ministro degli Esteri Antonio Tajani durante una conferenza stampa il 9 gennaio. La famiglia di Sala, pur mantenendo riservatezza sui dettagli della vicenda, ha ringraziato il governo italiano per l’impegno.

Possibile collegamento tra i due casi

Sebbene non vi siano conferme ufficiali, diversi analisti ipotizzano uno scambio diplomatico implicito. Il Financial Times ha osservato che l’arresto di Sala potrebbe essere stato usato come leva per ottenere la liberazione di Abedini. In un commento anonimo, un diplomatico europeo ha affermato: “Non è raro che trattative di questo tipo avvengano lontano dai riflettori”.
Dall’altra parte, il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Nasser Kanaani, ha definito le due vicende “completamente separate” in una conferenza stampa a Teheran, aggiungendo che “le accuse contro Abedini erano infondate e la sua liberazione è stata una decisione della giustizia italiana”.

Reazioni e polemiche

La vicenda ha suscitato reazioni contrastanti a livello internazionale. Le organizzazioni per i diritti umani hanno espresso preoccupazione per l’utilizzo di cittadini stranieri come strumenti di negoziazione. Amnesty International, in una nota, ha dichiarato: “La detenzione di giornalisti e attivisti come Cecilia Sala evidenzia i rischi crescenti per chi cerca di fare luce sulle violazioni dei diritti umani in contesti difficili”.
Negli Stati Uniti, le autorità non hanno ancora commentato ufficialmente la liberazione di Abedini. Tuttavia, fonti vicine al Dipartimento di Giustizia hanno parlato di “delusione” per il mancato trasferimento dell’ingegnere alle autorità statunitensi.

La condanna di Pakhshan Azizi
Nel frattempo, dall’Iran giunge la notizia della conferma della condanna a morte per Pakhshan Azizi, attivista curda detenuta nel carcere di Evin. La sua vicenda, strettamente legata alla repressione contro le minoranze etniche e i dissidenti politici, ha riacceso l’attenzione sulla situazione dei diritti umani in Iran. Il governo italiano ha espresso preoccupazione, con Tajani che ha ribadito: “Continueremo a monitorare attentamente i casi di violazioni dei diritti umani”.

La diplomazia degli ostaggi
La liberazione di Sala e Abedini pone nuovi interrogativi sulle pratiche di “diplomazia degli ostaggi”, già denunciate da vari osservatori internazionali. Se confermato, uno scambio indiretto come quello ipotizzato rappresenterebbe un precedente delicato per i rapporti tra Stati, sollevando dubbi sull’efficacia e l’etica di tali negoziazioni.

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