Terna si promuove, ma su una rete commerciale e non sul servizio pubblico

- di: Francesco Di Stefano
 
Ok: il prodotto è bello. Immagini accattivanti all'inizio, accompagnate da una musica d'archi. Poi l'annuncio e via con la presentazione di un premio di fotografia. Lo spot è stato trasmesso su una emittente televisiva nazionale, La7. Chiaramente la produzione del video ha un costo, non importa affatto quale: non è questo il punto. Quel che ci induce a qualche interrogativo è capire le dinamiche aziendali, quindi di marketing e direzione, che abbiano spinto il committente, che è Terna (che si occupa di reti di trasmissione di energia elettrica), a scegliere per veicolare il suo messaggio una rete commerciale e non una del servizio nazionale. 

Ma forse sarebbe più corretto domandarsi - nel rispetto del principio di concorrenza, ma anche di logica ed equilibrio - perché la scelta è stata quella di mandare in onda lo spot solo sulla rete commerciale in questione. Interpellata l’azienda ci ha confermato la volontà di tale pianificazione.

Come al solito, quando si assiste a forti interventi pubblicitari, la prima domanda che il profano si pone é quali siano i costi e come da essi ci si aspetti un ritorno, sia in termini di pura pubblicità che, come pare in questo caso, di immagine.
Si dice sempre che ciascuno in casa sua è padrone di fare quel che vuole, come può fare quel che gli pare dei propri soldi e di come spenderli. Ma questo non impedisce di fare uno sforzo (che in questo caso è enorme) per comprendere perché i soldi di Terna siano finiti solo ad un soggetto privato, e non invece anche alla televisione pubblica, che avrà mille difetti, che si conferma sempre di più un carrozzone in balia dei capricci della politica e da una gestione che non soddisfa nessuno, ma ha una caratteristica che non si deve sottacere: è ''nostra''. 

Ovvero ogni singolo cittadino che paga il canone, nel suo piccolo, è quasi un azionista della Rai. E per questo dovrebbe chiedersi oggi perché Terna, partecipata da Cassa Depositi e Prestiti, quindi dallo Stato, faccia finire i suoi soldi esclusivamente nelle tasche di un soggetto privato. I soldi non ''puzzano'' per chi li incassa, ma chi li eroga (qui non parliamo di regali: il lavoro - trasmettere il video - è stato fatto) non può farlo senza considerare tutte le eventuali conseguenze, che nel caso di specie sono di opportunità. 

Chiedersi i motivi di questa scelta da parte di Terna è lecito, e noi lo facciamo, nella consapevolezza però che non porta da nessuna parte. Ma, allo stesso tempo, non è certo una bestemmia o solo mancanza di rispetto domandarsi se con questa decisione l'azienda ha contravvenuto in qualche modo al patto morale che dovrebbe unire le aziende che devono rispondere delle loro azioni ad un soggetto primario, come lo Stato. 

E siccome sappiamo che certe operazioni di marketing hanno un costo che non è mai lieve, speriamo che, per il futuro, la monodimensionalità di queste scelte lasci il passo alla ragionevolezza e non magari alla frivolezza del momento. Terna è una azienda forte, solida e con una immagine da promuovere ulteriormente e non da difendere. Però se sceglie certe strade qualche perplessità la ingenera. Perché lascia il gusto amaro dell'arroganza preferire una emittente commerciale (che fa parte del gruppo editoriale più forte del Paese) rispetto al servizio pubblico così come ad altri soggetti del panorama editoriale. 

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