Signori si nasce!

- di: Barbara Leone
 
Come tanti, conosco i film di Totò praticamente a memoria. Ancor oggi, se ne passano uno in tv, non posso fare a meno di guardarlo. E’ una calamita, una carezza nell’anima, capace di donarmi brevi ma intensi momenti di felicità e preziosa leggerezza. Se c’è un attore che ha unito l’Italia è proprio Totò. E non solo per la sua grandezza artistica, ma anche per la sua proverbiale umanità. Sono innumerevoli i racconti di chi, avendolo conosciuto, lo ricorda come una persona buona e generosa. Un signore con la S maiuscola. Anzi, un principe nel dna. A dispetto di quel titolo che, per affrancarsi da un’infanzia povera come figlio di N.N., si comprò. Forse, proprio in virtù di quell’infanzia disgraziata era uno che aiutava tutti. Arrivava al punto di uscire di casa con un bel po’ di soldi in tasca per darli a chi ne avesse bisogno. Tra i tanti racconti me ne colpì uno letto tempo fa. Era di un tassista, che lo incontrò nell’osteria dove lavorava da piccolo. Così piccolo, che Totò gli chiese come mai a quell’età non fosse a scuola. Lui rispose che suo padre era morto e lui voleva aiutare la madre che aveva tanti figli ma anche tanti debiti. Non volendolo mortificare con un aiuto che poteva sembrare elemosina, Totò si finse debitore del padre ed estrasse dalla tasca dei biglietti di diecimila lire, che allora erano tanti soldi. Gli disse di non rivelare alla madre quel segreto, e se ne andò. Una generosità, quella del Principe De Curtis, che era veramente a 360 gradi. Basti pensare che negli anni Sessanta acquistò un canile alle porte di Roma salvando centinaia di cani destinati alla morte. Per tutti aveva una parola, e non solo quella, di conforto. 

Alla luce di ciò, disorienta non poco la decisione degli eredi De Curstis di trasformare il suo nome in un brand. Decisione legittima, e legittimata dalle norme vigenti in fatto di diritti d’autore. “È una questione di rispetto per mio nonno”, tuona dalle pagine del Mattino Elena De Curstis, che sottolinea: “Ci imbattiamo ovunque, nei posti più impensati, nel suo nome e nelle sue foto utilizzati senza il minimo rispetto del diritto all’immagine”. La nipote del Principe della risata si riferisce a ristoranti, pizzerie, esercizi commerciali vari ma anche immagini, quadri e poesie “che tappezzano le pareti, riprodotte su tovagliette di carta, siti web, pagine social”. In pratica gli eredi di Totò chiedono che non si utilizzi più il nome e l’immagine dell’artista per fini commerciali e pubblicitari. Ergo: deve essere cancellato ogni riferimento a lui nei segni distintivi dei vari locali. Il tutto con l’avvallo del Tribunale di Torino, che nel 2023 ha fondamentalmente riconosciuto loro la possibilità di bloccare gli utilizzi clandestini del nome dell’attore e di una sua opera in particolare, la celebre poesia ‘A livella. Col risultato che negli ultimi mesi sono arrivate le comunicazioni degli avvocati degli eredi di Totò a tutti quei locali, ovviamente soprattutto pizzerie, che utilizzano il nome o l’immagine dell’artista. Si va da “Casa Totò” a Torino, quello che ha dato il la alla vicenda, a “Totò e Peppino” a Latina fino a “‘A Livella” a Porto Ascoli. Giusto per fare qualche esempio, perché di attività commerciali che utilizzano il pesantissimo bagaglio artistico, culturale ed anche simbolico di Totò a mo’ di richiamo delle sirene sono davvero tantissimi, e dislocati in tutt’Italia. E così negli ultimi tempi c’è stato tutto un corri corri per cambiare nome alle insegne, visto che l’ordinanza di Torino ha stabilito il pagamento di una penale di 200 euro per ogni violazione, proponendo nomi più o meno fantasiosi, spesso con richiami a Napoli, alla Pummarola o alla Costiera. E per questo c’è solo da esser felci, perché chi pigramente c’accollava, come si dice a Roma, alla grandezza di Totò ora deve aguzzare l’ingegno. Proprio come ha fatto lui per una vita intera. 

In linea di principio, le rivendicazioni degli eredi De Curtis sono giustissime. Ma, si sa, spesso ragione e sentimento non vanno di pari passo. E ripensando al carattere di Totò, alla sua sconfinata generosità il tutto risuona un po’ strano. Stride. Perché davvero non ce lo vediamo l’immenso Principe Antonio De Curtis a rincorrere e batter cassa al pizzaiuolo di Bacoli che ha mollato tutto per aprirsi una pizzeria in Val di Fassa! Certo, ci poteva mettere un po’ di fantasia e non chiamare il suo locale, che ne so, “Miseria e nobiltà”. Ma penso che nella stragrande maggioranza dei casi si tratti di un peccato veniale. Senza contare che per esempio in Sicilia Totò è il diminutivo di Salvatore. Quindi che facciamo, nessun Salvatore potrà più chiamare il proprio ristorante “Da Totò”?. Pare tutto un po’ esagerato, forzato, piccolo piccolo. Sicuramente non degno della grandezza di Totò che è, e resterà sempre, un patrimonio di tutti gli italiani. E che, probabilmente, a legger certe notizie si farebbe una grassa risata con tanto di spernacchiamento al seguito dicendo… “Signori si nasce e io, modestamente, lo nacqui!”.
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