Montecarlo, mon trésor
- di: Barbara Bizzarri
Ancora oggi, gli oltre novemila francesi residenti nel Principato di Monaco sono gli unici, insieme agli americani, a pagare le imposte nel loro paese di origine: non vale solo per la Rocca ma per qualsiasi nazione decidano di vivere. Questo grazie a un personaggio della caratura di De Gaulle (che all’epoca andò a stanare i furbetti uno per uno sfornando poi una legge ad hoc), di cui i francesi sicuramente sentono la mancanza, ancora di più dopo la buffonata blasfema della cerimonia inaugurale delle Olimpiadi, per la quale stanno ancora arrampicandosi sugli specchi all’affannosa ricerca di spiegazioni alternative e, a maggior ragione, la sentiamo noi perché ogni tanto sarebbe bello se qualcuno nelle alte sfere si preoccupasse di qualcosa che vada oltre il suo orticello personale, qualcosa da politici veri, insomma.
Per tutti gli altri, intanto, Montecarlo resta un vero paradiso fiscale da difendere a ogni costo, e non ci si può stupire, fa parte del Dna italico: ricordo ancora la descrizione di un Busi trasecolato a una cena elegante in cui era trattato da parvenu perché non aveva ancora il suo conto oltreconfine. Del resto sono la prima a chiedermi dove finiscano le mie tasse se negli ospedali non hanno farmaci né coperte (esperienza personale, purtroppo), le strade e le infrastrutture sono un colabrodo, le regioni sono a secco anche a causa della dispersione d’acqua (i romani sapevano fare acquedotti comme il faut. I loro discendenti, semmai lo fossero, non sanno neanche fare un marciapiede che non si sgretoli a venti minuti dalla posa). Ancora di più ci si chiede come potremmo stare se il fiume di danaro convogliato altrove ritrovasse la via paterna, intesa come Patria (no, di matria e buffonate amene non voglio sentir parlare, sarà il caldo che mi rende ancora più irritabile e allergica alle scemenze della propaganda).
Sì: cosa ne sarebbe dell’Italia se tutti i sedicenti residenti a Montecarlo, che poi in realtà stanno comodamente a Roma Nord o Brera (due zone a caso, non me ne vogliate), pagassero le tasse qui senza che la gente comune debba accollarsi le proprie e pure le loro? Del resto è risaputo che il fisco quando ti abbranca non ti molla più e gli piace moltissimo farlo con gli ultimi pioli della scala sociale, notoriamente più indifesi e meno adusi ai magheggi salva patrimonio. Basti notare anche i colossi del web che a casa loro si divertono immensamente fra censure, moniti virtuosi, inviti ad andare in bici per non inquinare, poi eludono felicemente le tasse mentre i proprietari si trastullano in yacht: ah il caro Marchese del Grillo declinato in 4.0, e gli altri mangino pure brioches se il prezzo del grano, della farina o di quel che è ancora glielo consente.
Montecarlo dista solo 15 chilometri dall’Italia, percorribili in pochi minuti di autostrada, o comodamente via mare se si possiede uno yacht, o in elicottero, mentre è dall’altra parte della luna per chi non dispone di questi mezzi: gli italiani che “vivono” lì sono sotto controllo da parte del fisco da tempo. Alcuni hanno perfino ammesso le loro colpe e risarcito lo Stato italiano, ovvero la comunità, ripagando il dovuto. Per quelli che restano, e son parecchi, l’Italia potrebbe seguire il fulgido esempio di De Gaulle, se volesse: il punto è, vuole davvero? Di certo avrebbe solo da guadagnarci: gli ottomila connazionali residenti a Montecarlo oggi non pagano un centesimo. Se anche alcuni se ne andassero, quelli che restano dovrebbero versare le imposte al nostro Paese. Dunque un trattato stipulato con Monaco porterebbe solo effetti positivi per gli italiani che pagano le tasse in Italia e avrebbe senz’altro un impatto simbolico, mostrando che i super ricchi non possono sfuggire al fisco mentre i cittadini normali pagano il loro dovere. I soldi recuperati potrebbero finanziare un fondo per ridurre le tasse a chi le paga e sarebbe finalmente una misura equa, ovvero far pagare i super ricchi per ridurre il carico fiscale a chi già contribuisce. Solo a pensarlo sa già di utopia, inteso come il palazzo con piscina di Kuzco: l’imperatore. Appunto.