Mance, Fipe: "circa 2.000 euro pro capite in più all’anno per lavoratori ristorazione"

 
La legge di bilancio approvata lo scorso anno ha introdotto una nuova disciplina delle mance, cioè quelle liberalità che i clienti corrispondono a seguito di una “apprezzata” erogazione del servizio.

Tali somme e valori corrisposti da parte della clientela rientrano nella nozione di reddito di lavoro dipendente e pertanto, prima dell’introduzione di tale disciplina, erano ricondotte alle regole generali previste per il reddito da lavoro dipendente (consolidata Cassazione sul punto) e, quindi, al pagamento dei relativi contributi e della corrispettiva tassazione IRPEF in base all’aliquota di riferimento del singolo lavoratore.

La legge di bilancio ha previsto l’introduzione di una aliquota agevolata pari al 5% con esclusivo riferimento alle mance percepite dai lavoratori delle strutture ricettive e degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande. Tale tassazione agevolata si applica ai soggetti che hanno avuto nel periodo d’imposta precedente un reddito non superiore a 50.000 euro, ivi inclusi tutti i redditi di lavoro dipendente conseguiti da attività lavorativa diversa da quella svolta nel settore turistico/alberghiero e della ristorazione.

Le mance elargite dai clienti ai lavoratori a mero titolo di liberalità, anche attraverso l’utilizzo di strumenti di pagamento elettronici, costituiscono redditi di lavoro dipendente e, salva espressa rinuncia scritta del lavoratore, sono soggette, a opera del sostituto d’imposta, a una tassazione sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e delle addizionali regionali e comunali, con l’aliquota del 5%, entro il limite del 25 per cento del reddito percepito nell’anno per le relative prestazioni di lavoro.

Secondo le stime dell’Ufficio Studi di Fipe-Confcommercio, tale meccanismo agevolato – che di fatto favorisce queste elargizioni – potrebbe generare, solo nella ristorazione, un ammontare complessivo di mance per un valore di circa 2 miliardi di euro l’anno corrispondenti, in media, a poco meno di 2.000 euro per ciascuno dei 980mila lavoratori del settore. Una vera e propria mensilità aggiuntiva visto che questa somma rappresenta il 15% del totale delle retribuzioni (pari a oltre 13 miliardi di euro) percepite nel 2022 dai lavoratori, sia full time che part time, di questo comparto.

La base di calcolo cui applicare il 25 per cento è costituita dalla somma di tutti i redditi di lavoro dipendente percepiti nell’anno per le prestazioni di lavoro rese nei settori turistico-alberghiero e della ristorazione, ivi comprese le mance, anche se derivanti da rapporti di lavoro intercorsi con datori di lavoro diversi.

Un altro importante aspetto della nuova disciplina riguarda l’alleggerimento degli oneri in capo ai datori di lavoro, in particolare quelli contributivi. Viene infatti introdotta una deroga generale molto importante e cioè che, a differenza dei redditi da lavoro dipendente “ordinari”, tali liberalità sono escluse dalla retribuzione imponibile ai fini del calcolo dei contributi di previdenza e assistenza sociale e dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e non sono computate ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto.
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