Levateje er vino. E pure gli orsi

- di: Barbara Bizzarri
 
Come sempre, la colpa è dell’orso. Ovviamente, il peana contro il plantigrado si intona dal Trentino, regione che non può resistere se ogni anno non sacrifica almeno un paio di esemplari alla divinità imbecille che vi alberga, e che con estrema rapidità, però, incassa gli emolumenti dei programmi europei a salvaguardia di questa specie in estinzione (ribadiamolo) salvo poi accollargli le colpe di ogni iniquità, runners deceduti, siccità, freddo, fame e passeggiatori incauti che sembra se la vadano a cercare in alta quota, ah cosa non si farebbe per i quindici minuti di fama di cui parlava il buon Andy, ed eccoci di nuovo qui a parlare di orsi dopo quanto accaduto in Abruzzo (Juan Carrito investito quando doveva essere in letargo da mesi, e non nutrito da un turismo senza scrupoli, due ore a rantolare in strada, morto senza che nessuno alzasse un dito: del resto, non lo fanno per i cristiani, come potrebbero farlo per un orso? Difatti, non si smentiscono e, come ultimo atto, assoluzione dell’investitore, perché in Abruzzo va un po’ così: c’è sempre un’assoluzione a portata di mano per gli eletti). 

Oggi è il turno del Trentino, mai che ci riservasse una sorpresa almeno a Pasqua, figuriamoci: è evidente che per l’amena regione, con una pervicacia montanara, gli orsi di tutto sono colpevoli e di tutto devono essere puniti, fatta eccezione, appunto, per quando portano denari, allora va bene ma dura un istante, perché al primo minus habens che va a passeggiare sui crinali e magari riporta solo un gran spavento dopo l’incontro con il plantigrado, già sono tutti a lucidare gli archibugi. Anche stavolta: cronaca narra che un runner ventiseienne è stato trovato morto in un bosco della Val di Sole, e senza ancora autopsie, senza referti medici, in pratica senza niente se non una conclamata dote di chiaroveggenza oppure un sano preconcetto personale, la condanna è presto fatta: è stato l’orso. Non paghi della condanna a morte per MJ5, di cui, come da copione, non si è saputo più nulla, ora si cerca di scaldare gli animi, con i giornali che si accodano delirando di “primo morto per l’orso”, senza evidenze autoptiche né, soprattutto, conoscenze anche minime sia di detti popolari (se di qualcuno non particolarmente estroverso ed espansivo si dice che è “un orso”, un motivo esiste), che di etologia, perché è noto che gli animali selvatici sono giustamente terrorizzati dall’uomo e, potendo, se ne tengono alla larga. Sarebbe interessante sapere sulla base di quale assunto si sia già firmata questa ennesima aberrazione, e perché non sia possibile ipotizzare altri scenari: decesso per malore, per esempio, che di questi tempi oscuri è la norma, ed è perfettamente plausibile che, poi, un animale selvatico si sia avvicinato al corpo. 

Tutto il teatrino, invece, è funzionale ad alimentare ignoranza e paure infondate (tralascio volutamente chi ne approfitta per chiedere risarcimenti: omnia munda mundis), e per avere la scusa di sopprimere un altro orso senza patire le tregende del politicamente corretto, ammesso che i suoi fautori abbiano la forza di impegnarsi per la reale salvaguardia del pianeta e non soltanto per zuppe a favor di telecamera da lanciare su opere d’arte di valore inestimabile, almeno quanto la natura e i suoi doni. 

Sarebbe cosa buona e giusta, a questo punto, ricollocare tutti gli orsi che vivono in Trentino, dato che non si tratta, a quanto pare, di una regione bear friendly (quale lo è veramente? Viviamo in un continente tristissimo, dove una baronessa può chiedere di cambiare le leggi per uccidere un lupo, colpevole di aver mangiato il suo pony: insomma, deve morire perché ha fatto il lupo, e nessuno ci trova niente da ridire, manco fosse una cronaca medievale con il nobile di turno che preme lo stivale sulla faccia dei villici impotenti).

Togliete gli orsi dal Trentino che, in realtà, per questa specie è un lager a cielo aperto, nonostante la bellezza dei paesaggi, ed è evidentemente gestito da figuri che della tutela di questi animali, necessari per l’equilibrio della biodiversità, non vogliono saperne nulla. Togliete al Trentino orsi e sovvenzioni, affinché possano essere recuperati e gestiti meglio altrove, non da personaggi che approfittano persino delle più sciagurate disgrazie per gridare ‘all’orso all’orso’ finché non li avranno decimati, blaterando di una supposta sicurezza. Ne abbiamo viste e sentite fin troppe di atrocità con la scusa del nostro bene in questi tre anni, che pesano come trecento: stiamo attenti a non farcelo portare via, e con esso quel poco di purezza vera, reale, autentica, che è rimasta sulla terra e che nove volte su dieci ha la pelliccia, un muso e quattro zampe. 

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