L’industria italiana si mostra più resiliente del previsto

- di: Paolo Mameli, senior economist della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo
 
La produzione industriale italiana è aumentata a sorpresa in aprile, di ben 1,6% m/m (era attesa una significativa correzione), dopo lo 0,2% di marzo. Su base annua (corretta per gli effetti di calendario), l’output ha mostrato una accelerazione a 4,2%, dal precedente 3,2%. L'output si attesta così significativamente al di sopra dei livelli di febbraio 2020 (+4,8%), a differenza di quanto sta accadendo negli altri principali Paesi dell'Eurozona (Spagna: +0,8%, Germania -7,3%, Francia -5,4%).

Nel mese, il rialzo è trainato da beni non durevoli e intermedi (entrambi +2% m/m), oltre che dall’energia (+1,4% m/m), mentre i beni strumentali sono rimasti invariati e i beni durevoli sono scesi di -0,6% m/m. Su base annua, i beni di consumo non durevoli sono trainanti (12,5%), mentre i beni strumentali sono aumentati solo dello 0,7% (in termini tendenziali corretti per gli effetti di calendario).

Rispetto a un anno prima, i settori più vivaci sono il tessile e abbigliamento (23,4% a/a), probabilmente favorito dalla “normalizzazione” dei comportamenti di consumo dopo lo shock COVID, e il farmaceutico (19,8%), sostenuto dalla vivacità dell’export, specie verso gli Stati Uniti. Sul fronte opposto, alcuni settori sono rimasti in rosso sull’anno, tra cui i metalli (-2,3%), i prodotti chimici (-1,5%) e i mezzi di trasporto (-0,7%).

Nel complesso, il dato di aprile è stato molto sorprendente; un ruolo potrebbe essere stato giocato dagli effetti del calendario vista la collocazione della Pasqua a inizio mese (e il mancato ponte festivo del 25 aprile). In ogni caso, il manifatturiero italiano si sta dimostrando più resiliente del previsto allo shock bellico e inflazionistico. Il punto è che l'industria è entrata nel nuovo scenario postbellico partendo da livelli di attività fortemente espansivi (il fatturato a marzo ha raggiunto un massimo dall'inizio delle serie storiche nel 2000); la fiducia delle imprese manifatturiere è stata impattata dal nuovo shock, ma il morale appare lontano da un crollo (rimane in territorio espansivo e al di sopra della media storica). Inoltre, il settore manifatturiero italiano sembra meno colpito dalle difficoltà di approvigionamento di materie prime e componentistica, rispetto a quanto accade negli altri grandi Paesi dell'Eurozona (probabilmente grazie a una minor quota della catena di produzione basata in Asia o in Europa dell'Est, e grazie al minor peso del settore automotive sul valore aggiunto totale dell'industria).

In prospettiva, ci aspettiamo che l'attività manifatturiera possa comunque indebolirsi nei prossimi mesi (la produzione industriale potrebbe correggere già a maggio). Tuttavia, l'impatto del nuovo shock sembra meno drammatico di quanto si temesse, almeno in questa fase. Inoltre, è in atto una tendenza alla ripresa nei servizi (e nel commercio al dettaglio) che, insieme alla fase ultra-espansiva nel settore delle costruzioni, potrebbe più che compensare la debolezza attesa per il settore manifatturiero.

In breve, confermiamo la nostra stima del 3% sul PIL italiano quest'anno (che è attualmente superiore al consenso), in linea con la proiezione fatta lo scorso marzo all'indomani dello scoppio della guerra. I rischi rimangono al ribasso, ma l’eventualità di uno scenario recessivo di "worst case", risultante da un embargo sul gas russo, sembra essersi ridotta nelle ultime settimane.
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