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Il lavoro logora chi non ce l’ha

- di: Andrea Colucci
 
Il lavoro logora chi non ce l’ha
Giulio Andreotti era un romano vero (romanista sfegatato, peraltro), uno di quelli che si sarebbe fatto un nemico pur di dare una battuta salace quando ce ne fosse occasione e facilità.
La più famosa, o perlomeno ricordata, è “il potere logora chi non ce l’ha”. Nel tempo è diventata una sorta di locuzione post litteram, buona per tutti gli usi. Anche se Andreotti sul tema del lavoro non fu tanto incisivo, quanto in politica estera- ed è un gap che ci portiamo dietro da decenni- potremmo parafrasarla in: “il lavoro logora chi non ce l’ha”.

Oggi 1° maggio si festeggia la Festa dei Lavoratori, appunto, quelli che un lavoro lo hanno e, chi con più enfasi, chi con meno, celebrano il loro status di “attivi”. Ma la grande marea silenziosa e inerte di tutte le persone che il lavoro non lo hanno come si accingono a questa giornata?! Due dati dell’ISTAT e un corollario (febbraio 2023): il tasso di disoccupazione totale è stabile all’8,0%, quello giovanile scende al 22,4% (-0,4 punti). La stabilità del numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni è dovuta alla crescita tra le donne e le persone con più di 35 anni d’età e alla contestuale diminuzione tra gli uomini e i giovani. Il tasso di inattività rimane invariato al 33,8%.

Cifre da far tremare i polsi, soprattutto per un Paese che ha indicato il diritto al lavoro nel primo articolo della sua Costituzione. L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Questo principio non è solo la norma di apertura della nostra Carta costituzionale, ma è anche un tratto distintivo di tutto il nostro ordinamento. Infatti, sono moltissime le leggi dello Stato che prevedono forme di tutela e di protezione nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici. I diritti dei lavoratori sono talmente tanti che elencarli tutti è quasi impossibile. Bisogna, infatti, considerare che non sono previsti solo dalle leggi, ma anche dai contratti collettivi di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali e dalle associazioni degli imprenditori. Questo in assoluto è un bene, dimostrazione di un enorme sforzo di democrazia applicata e intendiamoci, non bisogna mollare di un centimetro rispetto a quanto conquistato. I dati sulle “morti bianche” sono ancora impressionanti e non vanno mai dimenticati.

Però, c’è sempre un però.

La grande lacuna politica, sociale e quindi democratica risiede nel fatto che gli sforzi di agire nella tutela dei lavoratori (quindi di chi un lavoro ce lo ha) sono stati negli anni inversamente proporzionali a quelli per procurare un’occupazione ai milioni di persone alle quali manca. È come se il legislatore avesse usato la punta di uno spillone per pungolare i responsabili di governo a costruire una architettura – quasi perfetta- di tutele per i lavoratori e la testa del medesimo spillone solo per fare il solletico a quegli stessi governanti affinché producano tutti gli sforzi necessari a costruire una politica industriale e del lavoro in grado di generare occupazione. Ecco, oggi il governo Meloni ha un’occasione straordinaria per invertire questo corso; forse irripetibile se pensiamo ai fondi del PNRR e della necessità di spenderli bene e tutti.

La domanda non manca, è ora di procurare una offerta di qualità, equa, che soddisfi le aspettative di più categorie. Per intendersi non esistono solo le grandi opere e i disoccupati non sono tutti specializzati nei lavori edili. È ora di procurare la domanda e di abbandonare scorciatoie dannose come è accaduto con il reddito di cittadinanza, costruito sul paradigma “aiutiamoli a casa loro”! Cosa servirà? Serviranno politiche di normalizzazione. Politiche del lavoro che permettano una nuova fase in cui la solidarietà tra imprese e lavoratori sia reale e costruita su percorsi che tengano in considerazione le legittime aspettative e determinazioni di tutte le parti. Nuove regole di ingaggio nelle relazioni industriali per una nuova stagione che abbia la rinascita del Paese e il bene comune come obiettivo fondamentale. 
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