Il Centro Politiche Europee boccia l'Euro digitale

 
Che sia in Cina o negli Stati Uniti, le valute digitali sono in aumento in tutto il mondo. Mentre la Banca Centrale Europea (BCE) sta portando avanti da anni un progetto di introduzione di un euro digitale e la Commissione ha seguito tale traccia quest'estate con la preparazione di un apposito quadro giuridico, il Centres for European Policy Network (cep) valuta, mediante una propria “cepAnalisi”, in modo estremamente critico l'introduzione di una valuta digitale europea in questo momento.

cepAnalisi

"La BCE e la Commissione dovrebbero attualmente astenersi dall'introdurre un euro digitale. Non c'è alcun fallimento o esigenza di mercato, soprattutto perché esistono alternative all'euro digitale che sono meno invasive, non richiedono un intervento eccessivo sul mercato e non distorcono nemmeno indebitamente la concorrenza nei mercati dei pagamenti. Inoltre, l'euro digitale non offre alcun valore aggiunto immediato che giustifichi la sua costosa introduzione", afferma Victor Warhem, esperto finanziario del CEP. L'economista del CEP di Parigi ha analizzato i rischi ed opportunità di un euro digitale insieme agli esperti di finanza del CEP, Philipp Eckhardt e Anastasia Kotovskaia delle sedi di Friburgo/Berlino.

Secondo i ricercatori del CEP, formalizzare l'euro digitale come moneta legale significherebbe piuttosto che la Commissione stessa non creda sinceramente in un'ampia spontanea accettazione dell'euro digitale. "Non ha molto senso introdurre in modo vincolante un nuovo mezzo di pagamento pubblico che di per sé è poco vantaggioso per i cittadini ed il cui obbligo di accettazione comporta costi enormi per i destinatari dei pagamenti stessi, ad esempio i commercianti", avverte Anastasia Kotovskaia. Inoltre, da un punto di vista strettamente legale, la BCE non appare nemmeno autorizzata ad emettere un euro digitale nella forma prevista.

Secondo Eckhardt, “le banche dovrebbero essere libere di decidere se offrire o meno servizi legati all'euro digitale. Altrimenti, potrebbero essere costrette ad investire denaro in un modello di business non redditizio o almeno potenzialmente non redditizio”. Eckhardt considera poi astruse anche le proposte di limitare le commissioni e gli oneri connessi. “Con tali limiti, la Commissione pare stia cercando di porre rimedio ad un presunto rischio di fallimento del mercato, che però non può ancora esistere, proprio perché non esiste ancora un tale mercato”.
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